Una busta paga abbastanza garantista (formata in massima parte da voci stipendiali fisse e poco legato a voci accessorie di risultato), ferma ai valori 2011, anzi, con qualche passo indietro e che, se non fosse per alcune indennità della dirigenza, non premierebbe davvero chi lavora nel Ssn rispetto ad altri comparti della Pubblica amministrazione.
I dirigenti del Ssn, infatti, secondo l’ultimo aggiornamento a metà febbraio 2017 dell’Aran, pubblicato sul sito dell’Agenzia nella sezione dei dati statistici, guadagnavano al massimo nel 2015 poco meno di 81mila euro, contro, ad esempio, i 216mila dei dirigenti degli Enti pubblici non economici, i 196mila euro dei dirigenti delle Agenzie fiscali o i 186mila euro dei dirigenti dei ministeri.
Per i non dirigenti si superano di poco in media nel Ssn i 30mila euro, contro, sempre ad esempio (c’è anche chi guadagna di meno) il personale non dirigente delle Autorità indipendenti che supera i 75mila o i non dirigenti delle Forze armate, della Presidenza del Consiglio e degli Enti pubblici non economici, tutti intorno ai 48mila euro medi l’anno.
Le buste paga medie più elevate del Servizio sanitario nazionale nel 2015 erano quelle dei dirigenti amministrativi, con una media 80.940 euro. Ultimi nella dirigenza i dirigenti sanitari non medici con 61.492 euro.
Dal resoconto Aran, tuttavia, è esclusa ad esempio l’indennità di esclusività percepita dai medici e dagli altri dirigenti del ruolo sanitario che dai 2.325,41 euro l’anno per chi ha meno di cinque anni di anzianità, fino a 17.053,27 euro l’anno per i direttori di struttura complessa.
Altro capitolo che ovviamente l’Aran non può considerare è quello dei contratti integrativi aziendali. Pochi (la rilevazione Aran nel primo semestre 2016 per il Ssn ne indicavano solo il 25% cira trasmessi all’Agenzia: 74 su 276 amministrazioni) a dire la verità e che possono andare da un valore minimo di 9.000 a un massimo di 23.000 euro l’anno.
Analizzando comunque la base della retribuzione dei dipendenti del Ssn, nella “classifica” dei dirigenti, dopo quelli amministrativi ci sono i dirigenti del ruolo professionale con circa 77mila euro, poi i veterinari con quasi 75mila euro, i medici con poco più di 73mila, i dirigenti del ruolo tecnico con circa 67.500 euro, gli odontoiatri che sfiorano i 65mila e, appunto, ultimi i dirigenti sanitari non medici con circa 61.500 euro.
Veterinari, medici e odontoiatri, rispetto al 2011, anno in cui ha avuto tutto il suo effetto economico il contratto chiuso nel 2009, hanno perso nel 2015 rispettivamente -0,34%, -1,23% e -2,09% della busta paga, mentre al contrario tutti i dirigenti non medici hanno “guadagnato” e si va dal +0,01% di quelli del ruolo tecnico al +1,54% dei dirigenti amministrativi. Tradotte in euro, le percentuali valgono ad esempio per i medici una perdita di 912 euro l’anno, mentre per i dirigenti amministrativi un guadagno di 1.231 euro l’anno. Nulla, comunque. Confrontato con l’inflazione e la perdita del costo della vita.
Passando al personale non dirigente, chi in media guadagna di più l’anno è il personale di vigilanza e ispezione, con 33.792 euro medi nel 2015, seguito dal personale tecnico sanitario (32.923), dagli infermieri (32.632), dal personale con funzioni riabilitative (29.837), da quello del ruolo amministrativo (27.222), del ruolo professionale (25.795) e da quello tecnico (25.793).
In questo caso, tranne un guadagno rispetto al 2011 del 6,34% (1.634 euro) del personale del ruolo professionale, tutti gli altri perdono, con percentuali che vanno dal -0,27% del ruolo tecnico (-70 euro) al -0,84% (-276 euro) del ruolo tecnico sanitario.
Dal punto di vista della composizione della busta paga, nel Servizio sanitario nazionale quella dei dirigenti (sempre escludendo l’esclusività) è composta per il 70% da voci stipendiali, per il 16% dalla retribuzione di posizione e solo il 9% va alla retribuzione di risultato (il 5% nella voce “altro” che comprende indennità varie proprie del settore)
Quella del personale non dirigente è composta dalle voci stipendiali proprie – la “paga fissa” – per oltre l’84 per cento. Una percentuale maggiore si trova nel Pubblico impiego solo nella Scuola e nell’Afam (alta formazione artistica e musicale) con circa l’88%, negli Enti ex art 60 del Dlgs 165/2001, comma 3 (enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità ) con quasi l’86%, Enti lista S13 Istat (unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche) con quasi l’85 per cento. Nel Ssn la produttività vale poco meno del 6% della busta paga e le indennità variabili poco di più. (…)
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19 marzo 2017