Con il nuovo contratto 2019-21 e le previsioni della Finanziaria 2024 i medici ospedalieri non possono dire di essere diventati ricchi, il recupero dell’inflazione non c’è, ma qualcosa si è mosso
Da poco meno di 200 a 300 euro mensili lordi in più in busta paga da moltiplicare per 13 mesi distribuiti fra tabellare e voci accessorie, straordinari che possono consentire una media di 200 euro in più al mese, indennità di 12 euro per ogni turno di 12 ore di presenza in Pronto soccorso, altri 80 euro per ogni ora straordinaria dedicata al contenimento delle liste d’attesa. Con il nuovo contratto 2019-21 e le previsioni della Finanziaria 2024 i medici ospedalieri non possono dire di essere diventati ricchi – il recupero dell’inflazione non c’è –ma qualcosa si è mosso.
Un primario oggi prende circa 110 mila euro lordi in un anno tredicesima inclusa; un dirigente sopra i 15 anni di anzianità 83-85 mila euro; uno fra 5 e 15 anni di anzianità sugli 80 mila euro; un neo-assunto fino a 5 anni di anzianità poco meno di 60 mila euro. Cui vanno aggiunti eventuali proventi dell’attività libero professionale intramuraria, percepita da circa 45 mila medici contro 4 mila in extramoenia e 61 mila che non svolgono alcuna forma libera professione perché non ne hanno il tempo: un problema che si evidenzia in specialità come Medicina di Urgenza, o di laboratorio o radiologia, non a caso poco amate dai neo-laureati. «Dalle cifre lorde percepite dal medico dirigente vanno detratte sia le tasse sia la ritenuta Inps (33% totale). Di fatto a 40-45 anni un medico porta a casa poco più di 30 mila euro, aggiungendoci anche l’indennità di esclusività, un altro migliaio di euro», spiega Fabio Florianello, coordinatore della commissione sanità privata del sindacato Anaao Assomed.
Che la retribuzione non uguagli quella dei colleghi europei si sa già. Ma lo scorso novembre, un’indagine del Corriere della Sera ha evidenziato come la “paga” sia distante anche da quella del medico a gettone. Lavorando 267 giorni all’anno per 6 ore e 20 minuti al giorno – totale 1690 ore, al netto di straordinari – un dirigente medico con oltre 15 anni di anzianità si ritrova in tasca circa 52 euro lordi l’ora; a parità di retribuzione annua (ripetiamo, 83-85 mila euro) un gettonista avrà invece lavorato 600-700 ore in meno, pagato fino a 90 euro lordi/ora; se questo medico coprisse la stessa mole di lavoro del collega dirigente arriverebbe a prendere fino a 50-60 mila euro in più. «Ma il vero vantaggio per i liberi professionisti è sulle tasse – spiega Florianello – infatti possono fruire della flat tax con aliquota al 15% entro un reddito di 85 mila euro annui, un vantaggio di 20-28 punti percentuali visto che sopra i 28 mila euro l’imposizione è del 35% e sopra i 50 mila è del 43%». In tema di pensione, accanto all’aliquota Irpef il medico a gettone deve pagare all’Enpam un 19,5%, cifra che va detratta dal suo reddito», spiega Florianello. «In ogni caso pur lavorando meno del medico dirigente, questo collega può arrivare a prendere molto di più in proporzione al lavoro svolto. Teniamo infine presente che sia i dipendenti sia i gettonisti versano ogni anno il contributo di quota A Enpam: i dirigenti da 466 a 874,48 euro se hanno scelto la contribuzione ridotta, i liberi professionisti fino a 1615 euro se hanno compiuto 40 anni».
Il medico dirigente Ssn percepisce invece, contratti alla mano, di più del collega di pari grado assunto nel privato convenzionato. Nella sanità accreditata bisogna innanzi tutto differenziare tra ospedali religiosi, dove –a parità di fasce di anzianità e di livelli – il gap tra buste paga rispetto al dipendente Ssn è di un 15-20%, ed ospedali “laici”, dove si prende intorno al 30% in meno; tra l’altro il contratto dei medici dell’ospedalità laica, le cui strutture sono associate in AIOP, non è firmato dal 2002. E il contributo Inps è al 33% come nel pubblico. L’indagine Corsera osserva però come nel privato chirurgo e aiuti possano percepire incentivi su ogni intervento (fino al 15%) e ogni specialista possa prendere una percentuale su ogni visita od esame, fino al 75% per le visite ed al 60% per la diagnostica. Avverte però Florianello: «L’incentivazione non si applica nelle prestazioni della sanità convenzionata rimborsate dal Servizio sanitario nazionale bensì solo su quelle ai solventi. La percentuale di queste ultime prestazioni si aggira intorno al 20% del totale: circa un intervento o un test o una visita su cinque, una minoranza. Diverso invece è il regime per i colleghi ingaggiati come libero professionisti, che hanno una quota fissa e una quota percentuale, peraltro differente per ognuno a seconda del contratto (e fruiscono del vantaggio della flat tax ndr)». Ultima annotazione: facendo un confronto con i medici di famiglia, i cui stipendi variano molto tra regioni, i dati retributivi appaiono più uniformi. Ma anche qui Floranello avverte: «I contratti integrativi, e in particolare la contrattazione aziendale, portano comunque a retribuzioni diverse da Regione a Regione e da Azienda ad Azienda. Le differenze non riguardano il tabellare da contratto nazionale, parte più consistente della busta paga, ma le voci accessorie (retribuzione di risultato, di posizione aziendale e di disagio riferito alla pronta disponibilità variabile da azienda ad azienda): una quota comunque importante dello stipendio».
doctor33