Per quanto riguarda gli infermieri, rileva ancora il rapporto, il discorso è diverso: il loro reddito corrisponde esattamente a quello medio degli altri lavoratori; inoltre, non si distanzia molto dalla media degli altri Paesi, se si escludono il Belgio e la Spagna, rispettivamente 1,7 e 1,5.
Il Rapporto sottolinea anche come l’invecchiamento del capitale umano e il precariato in sanità è un problema che sta per esplodere.
Per medici, infermieri e altre figure professionali di supporto al Ssn, il mancato turn-over e il reiterato blocco delle assunzioni – si legge nel report – hanno prodotto anche sacche di precariato inconciliabili con la continuità assistenziale. Ma, prima di tutto, ha generato il forte invecchiamento del capitale umano sfociato in un alto numero di pensionamenti. Questo fenomeno, che già ha eroso il numero dei professionisti, è destinato a esplodere nei prossimi anni e investe anche l’area della sanità privata.
Nel 2019 – ricorda la ricerca – i medici in Italia erano presenti in quota pari a 4,05 su 1.000 abitanti; un dato questo di poco inferiore alla Spagna (4,4) e alla Germania (4,39), e superiore alla Francia (3,17). La quota di infermieri (circa 6,16 ogni 1.000 abitanti; con un 1,4 infermieri per ogni medico) colloca l’Italia agli ultimi posti della classifica dei paesi Ocse. E l’anagrafe’ della classe medica parla chiaro: molti professionisti mediamente attempati, spesso anziani, e pochissimi giovani. Più della metà dell’intera classe medica italiana (56%) in maggioranza i medici tra i 55 anni e gli over 75 tra un quinquennio non saranno più operativi. I medici ‘giovani’, ovvero sotto i 35 anni, sono in Italia solo l’8,8%, contro percentuali superiori al 30% in Gran Bretagna, Olanda e Irlanda, o comunque superiori al 20% in Germania, Spagna e in Ungheria. La Francia, che per gli under 35 mostra un dato meno lontano dal nostro, presenta comunque un 15,7% di under 35: quasi il doppio dell’Italia.
E ancora, un monito riguarda in particolare i medici di famiglia: Se in una struttura ospedaliera operano, ad esempio, 10 medici specialisti, e uno di questi va in pensione senza essere sostituito, si assisterà ad una riduzione parziale dell’attività e/o ad un prolungamento dei tempi che il cittadino-paziente dovrà attendere per l’erogazione di una determinata prestazione sanitaria. Ma quando, invece, il rapporto è 1 a 1 come nel caso della relazione tra medico di medicina generale e assistito – si legge nel report – e questo medico va in pensione, essendo i suoi colleghi già saturati dal numero massimo di assistiti, quella che si profila è la pratica impossibilità di erogare un servizio.
Analizzando i dati Agenas, emerge che nel triennio 2019-2021 si sono ‘persi’ in Italia 2.178 medici di medicina generale e 386 pediatri di libera scelta: in percentuale più del 5%. Dal momento che ogni medico di base assiste una media di cittadini superiore ai 1.000 e che i medici più anziani spesso sfiorano o addirittura sforano il massimale di 1.500 assistiti, ciò ha significato che circa 3.000.000 di cittadini sono rimasti senza medico di base.
Analogo problema per le professioni infermieristiche: l’età media degli attuali infermieri attivi è di circa di 47 anni, ma ogni 6 mesi questa età media si alza di una annualità. In un decennio, dunque, a meno di un forte turn-over, la già denunciata penuria muterebbe in una vera e propria carestia.
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