Scatta l’aumento dell’addizionale regionale Irpef previsto dal decreto salva-Italia
Quando domani, 27 marzo, lavoratori dipendenti e pensionati apriranno la loro busta paga mensile, si scopriranno un pochino più poveri. Ad attenderli, e a rendere più leggero l’assegno, uno degli effetti della cura Monti. Scatta infatti dallo stipendio di marzo l’aumento dell’addizionale regionale Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche): uno 0,33% in più (dallo 0,9% all’1,23%) deciso con la manovra salva-Italia di dicembre. Circa 2,2 miliardi di euro recuperati in questo modo per compensare un analogo taglio dei trasferimenti dello stato alla sanità. Secondo le simulazioni fatte dal Caf-Cisl nazionale, su un assegno da 1.200 euro al mese il nuovo prelievo peserà per 51 euro; 73 euro per chi intasca 1.700 euro, 94 per chi dispone di 2.200 euro al mese e 137 euro per chi ne guadagna 3.200.
A essere completamente esclusi dalla poco piacevole novità, sono solo i lavoratori che portano a casa fino a 8.030 euro l’anno e i pensionati fino a circa 7.500 (per la precisione: 7.535 per gli under 75, per quelli sopra i 75 anni la soglia è 7.785). E per qualcuno la stangata sarà anche più incisiva: se le addizionali regionali scatteranno per tutti, infatti, in alcune città si sommeranno anche gli aumenti nel prelievo dell’Irpef comunale. La manovra di Ferragosto 2011, targata Tremonti e Berlusconi, ha dato la possibilità ai comuni di deliberare, dal 2012, aumenti fino a un’aliquota massima dello 0,8%, per cercare di rimpinguare le loro poche risorse. Chi ha già deliberato può quindi chiedere un prelievo più alto: una decisione che però, al momento, pochi comuni hanno preso. Tra questi Chieti e Catanzaro, ma avevano annunciato un orientamento in quel senso anche Carbonia, Macerata, Sanluri, Teramo e Agrigento.
A giugno arriva l’Imu
Il tempo dei sacrifici non è finito qui. Metabolizzato l’aumento dei prelievi in busta paga, tra pochi mesi molti cittadini dovranno fare i conti con un nuovo salasso: scatta da giugno la reintroduzione dell’Imu sulla prima casa (Imposta municipale unica), che servirà a garantire l’autonomia finanziaria dei comuni. In molti casi più severa della vecchia Ici, visto che sono stati rivisti i moltiplicatori delle rendite su cui calcolare la base imponibile catastale. La manovra salva-Italia del dicembre scorso ha fissato le aliquote base per l’imposta: si tratta dello 0,4% per le abitazioni principali e dello 0,76% per gli altri immobili, ma i comuni possono aumentare o diminuire il prelievo del due per mille sulle prime case e del tre per mille sulle seconde abitazioni. Entro il 20 giugno, quindi, tutti i proprietari di case dovranno pagare la prima rata: ad addolcire un po’ la pillola, la detrazione prevista dal salvaItalia di 200 euro sul primo immobile. E, per il biennio 2012-2013, è prevista anche una detrazione di 50 euro per ogni figlio che abbia meno di 27 anni, purché ovviamente risieda nella casa in questione.
Infine l’Iva
Ultimo spettro per il portafogli degli italiani, per fortuna non sicuro, è l’aumento dell’Iva. Potrebbe scattare a ottobre: uno scatto dal 21% raggiunto lo scorso anno al 23%. «Ad oggi l’aumento è previsto», ha sostenuto due giorni fa il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli. «C’è un impegno di tutti per evitare che succeda», chiarisce però il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera. Da cosa dipende? La possibilità dell’aumento del 2% è stata introdotta dal governo come norma di «salvaguardia», nel caso fosse necessario reperire altre risorse per riuscire a raggiungere il promesso pareggio di bilancio. Ma, appunto, potrebbe essere sostituito da altre fonti di entrata, come la riduzione delle agevolazioni fiscali o il taglio delle spese della pubblica amministrazione tramite spending review. «Se si trovassero altre fonti strutturali per evitare» l’aumento dell’Iva, ammette il ministro Passera, «sarebbe meglio per tutti». Soprattutto per i cittadini già tartassati dall’aumento delle addizionali e dal ritorno della tassa sulla prima casa.
La Stampa – 25 marzo 2012