Stanno già dando molto con il blocco degli stipendi, il taglio delle retribuzioni più alte, la rateizzazione delle buonuscite e l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne, molto più rapido di quello per il momento previsto nel settore privato. I dipendenti pubblici, statali in primis, finiscono però inevitabilmente in ogni agenda del risparmio, per una ragione semplice: i redditi da lavoro dipendente assorbono il 19% del bilancio statale, e negli enti territoriali le spese di personale arrivano al 31% delle uscite correnti nei Comuni, al 20% nelle Province e al 16% della spesa extra-sanitaria nelle Regioni. Mettere in piedi un contenimento complessivo della spesa pubblica dribblando una voce così importante rischia di essere un’impresa difficile.
Puntuale, infatti, il tema torna nelle «proposte a confronto» messe sul tavolo da Governo e parti sociali come pacchetto di interventi possibili, al momento previsti per l’autunno. Nell’agenda dell’Esecutivo si parla di «modernizzazione di relazioni industriali e mercato del lavoro» anche per il settore pubblico, e di «costi e semplificazioni della burocrazia», da raggiungere anche attraverso la «diffusione di nuove tecnologie nel pubblico».
Nel piano proposto da Confindustria, Abi, Rete imprese, Confcooperative e sindacati gli stessi temi tornano nel capitolo dedicato alla «riforma strutturale della Pubblica amministrazione», che passa dalle semplificazioni procedurali ma anche dallo snellimento di strutture pubbliche non più in linea con le esigenze di imprese e operatori economici. Più in generale, all’interno del bilancio della Pa centrale l’idea di raggiungere il «fabbisogno zero» già a fine anno e di rendere strutturale il pareggio di bilancio blindandolo in Costituzione impongono di passare subito sotto esame ogni capitolo della spesa.
Strategie complessive e obiettivi sono facili da indicare, più complicato è passare all’azione con interventi in linea con i tempi stretti indispensabili a calmare mercati imbizzarriti. La cassetta degli attrezzi a cui attingere, in realtà, è già indicata nella manovra estiva, che dà al Governo la possibilità di intervenire con decreto, su proposta dei ministeri dell’Economia e della Pubblica amministrazione, in vari modi (si veda anche il grafico qui a fianco). Con un problema: il pacchetto delle opzioni seguiva il calendario “tranquillo” ipotizzato dal decreto estivo, e concentrato sugli anni successivi al 2013, e non tutti gli interventi indicati si prestano a un’accelerazione.
Tagliare i tempi, per esempio, è sicuramente possibile per la mobilità, che secondo la manovra va «rafforzata», «semplificata» e in una certa misura resa «obbligatoria». Non c’è sicuramente bisogno di aspettare il 2014 per dare attuazione a un’eterna promessa nella modernizzazione del pubblico impiego, che nonostante gli annunci ha finora però coinvolto poche decine di persone all’anno
ilsole24ore.com – 8 agosto 2011