Il Corriere della Sera. Mezzo milione di morti. Il Covid-19 continua a seminare lutti negli Stati Uniti, anche se la curva dei decessi è in discesa: -35% negli ultimi 14 giorni. Questa triste contabilità ha sempre diverse chiavi di lettura. La media settimanale delle vittime è pari a circa 1.900 persone: in caduta rispetto al picco di un mese fa, ma è ancora più o meno allo stesso livello dell’aprile 2020, uno dei momenti peggiori della pandemia in America.
L’opinione pubblica, comunque, si ferma a riflettere. Nel marzo del 2020 Anthony Fauci e Deborah Birx, allora a capo della task force voluta da Donald Trump, avevano previsto un totale di morti tra i 100 e i 240 mila, «anche se adotteremo tutte le cautele necessarie». Oggi i giornali cercano di spiegare la dimensione di una catastrofe storica. Il New York Times osserva che non si arriva a questa somma neanche mettendo insieme i caduti dei due conflitti mondiali e della guerra in Vietnam. Il Washington Post pubblica una cartina geografica della Costa Est: «Se 500 mila persone viaggiassero in pullman si formerebbe una colonna ininterrotta da New York a Philadelphia: 94,7 miglia». Ci sono anche altri dati che raccontano la storia di questa catastrofe: per esempio la vita cancellata di 163 mila anziani, ospiti delle case di riposo.
Il presidente Joe Biden prova a infondere fiducia: «Siamo vicini alla svolta, ad agosto staremo molto meglio». Anche la media dei contagi è in flessione: circa 66 mila al giorno, il 44% in meno rispetto alle ultime due settimane. Oltre 28 milioni di positivi dal febbraio 2020. Fauci, però, resta prudente: dobbiamo fare presto per non farci sorprendere dalle varianti, in particolare quella sudafricana. Dal territorio arrivano segnali contraddittori. I portavoce di Biden fanno notare come il ritmo delle iniezioni stia prendendo velocità, con una media di 1,7 milioni al giorno. Gli americani che hanno ricevuto una dose sono ora 42,8 milioni; 17,9 milioni hanno ottenuto la seconda. Biden ha promesso di toccare quota 100 milioni entro la fine di aprile, senza chiarire, però, se si riferisca solo al primo round o al ciclo completo.
Le tempeste di neve e l’ondata di maltempo hanno rallentato la distribuzione. Ma il vero problema è che le forniture procedono a strappi. Sulla carta il siero anti-Covid scorre a fiumi. L’11 febbraio scorso Biden ha assicurato che saranno disponibili 600 milioni di dosi «entro luglio». Giovedì 18 febbraio, Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer, ha garantito che l’azienda raddoppierà la sua capacità di produzione «nelle prossime settimane», sfornando 10 milioni di confezioni ogni sette giorni.
Ma il problema è proprio questo. La macchina delle vaccinazioni rischia di girare a scartamento ridotto per almeno un mese, un mese e mezzo. Nelle metropoli, da New York a Los Angeles, a Washington, i laboratori, i centri medici sono stati costretti a cancellare migliaia di prenotazioni. Il governo Biden ha mobilitato la Fema, cioè la protezione civile federale, l’esercito. Si lavora per raggiungere anche i territori più remoti, coinvolgendo la rete delle grandi catene farmaceutiche e predisponendo speciali «unità mobili». Ma per il vero cambio di passo manca il flusso continuo della materia prima, il vaccino. Entro una decina di giorni dovrebbe arrivare il via libera della Food and Drug administration al prodotto della Johnson & Johnson. Sarebbero altri 100 milioni di dosi solo per gli americani, da consegnare, fa sapere la società, «entro la metà dell’anno».