Non ci sono solo il blocco dei contratti, del turn over, delle progressioni di carriera e i tagli agli stipendi d’oro. Per il pubblico impiego il 2011 sarà anche l’anno del passaggio alla selettività dei premi di risultato. Non ci sarà più una quota di stipendio (in media pari al 20%) distribuito a pioggia indistintamente sulla base delle risorse disponibili. A parità di massa salariale, infatti, metà della dote che sarà destinata ai contratti integrativi andrà ai 25% dei più produttivi e l’altra metà al 50% degli addetti che hanno garantito una produttività media. Il 25% che non raggiungerà la media non andrà oltre le cosiddette competenze fisse.
Dopo la lotta ai fannulloni, ha sempre promesso il ministro Renato Brunetta, si passerà al nuovo riconoscimento della produttività.
Scelta tradotta in legge (articolo 19 del Dlgs 150/2010) e che vale anche senza il rinnovo dei contratti fino al 2013. I passaggi per l’applicazione del nuovo metodo di ripartizione dello stipendio accessorio sono stati quasi tutti compiuti, assicura il presidente della Commissione per la valutazione e la trasparenza nella Pa (Civit), Antonio Martone. «Con la maggioranza delle amministrazioni sono stati definiti i sistemi di misurazione e valutazione – spiega – ed entro gennaio verranno definiti anche i cosiddetti cicli della performance». Sempre entro fine gennaio la Civit, in coordinamento con i nuovi organismi interni di valutazione costituiti in ogni amministrazione, definirà anche il piano per la trasparenza. L’unico passaggio che non è stato rispettato riguarda l’adeguamento dei contratti integrativi alla nuova norma «ma in via interpretativa – assicura Martone – verrà riconosciuto valido un adeguamento entro gennaio».
La norma riconosce un margine importante alla contrattazione collettiva: il primo quarto di dipendenti più produttivi può essere ampliato o ristretto del 5% in compensazione con gli altri scaglioni e per l’ultimo possono essere definiti adeguamenti correttivi. La «rivoluzione del merito» sarà inevitabilmente realizzata a tappe e soggetta ad aggiustamenti. Quest’anno si parte con le amministrazioni centrali, la scuola, gli enti pubblici non economici e le agenzie (circa 2,2 milioni di dipendenti), mentre l’anno prossimo toccherà ai dipendenti delle regioni, del servizio sanitario e degli enti locali.
Il ministro Brunetta ha preso l’impegno di verificare con il collega Tremonti la disponibilità di una dote aggiuntiva per il 2011, il cosiddetto «dividendo per la produttività», circa 500 milioni aggiuntivi da distribuire proprio con i contratti integrativi. Ma anche se quelle risorse non arrivassero non si parte certo da zero. «A massa salariale invariata – assicura il commissario straordinario dell’Aran, Antonio Naddeo – parliamo del 20% di quasi 170 miliardi. E visto che per il primo anno ci limiteremo alle amministrazioni centrali, gli enti e le agenzie, possiamo parlare di risorse per circa 16-17 miliardi che dovranno essere distribuiti sulla base del nuovo criterio di riconoscimento del merito».
Un ruolo cruciale nella definizione dei contratti integrativi spetta, come detto, ai sindacati. Che nel 2011 dovranno anche trovare una chiusa alla trattativa sul riordino delle aree di contrattazione, pure prevista dalla riforma. Il confronto è aperto da diversi mesi e nessun passo avanti è stato fatto dopo che il commissario dell’Aran ha presentato la sua proposta di razionalizzazione. Dagli 11 comparti attuali si passerebbe a quattro capaci di raccogliere 2,5 milioni di dipendenti pubblici (restano esclusi gli addetti dei settori sicurezza e difesa) con la conferma di una divisione verticale delle vecchie aree. A livello statale verrebbero definiti due grandi comparti con il personale delle Agenzie fiscali, dei ministeri, degli enti pubblici non economici, delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione e delle Università da una parte, e del personale della scuola e delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale dall’altra. In periferia, invece, la razionalizzazione porterebbe a un comparto unico per i dipendenti delle autonomie locali e a un comparto unico per il personale delle Regioni e del Servizio sanitario regionale. Una mappa semplificata che finora non ha però convinto Cgil, Cisl e Uil, che hanno assunto posizioni critiche ma differenziate. Ilsole24ore.com – 1 gennaio 2011
Adeguamento ai principi del decreto 150/2009, indicazioni operative della Regione Veneto alle Asl
Adeguamento ai principi meritocratici e premiali di Regioni, amministrazioni del Ssn ed enti locali. La Regione Veneto, con una nota della segreteria regionale per la sanità del 24 dicembre scorso, indirizzata ai direttori generali di Ulss, aziende ospedaliere, IzsVe e Iov, ha invitato gli enti del Ssn, «nelle more di giungere al formale rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislativo 150/2009» che «ha introdotto significative innovazioni circa la disciplina del rapporto di lavoro e le modalità di valorizzazione del merito», ad applicare gli istituti previsti dal Ccnl di riferimento. La Regione «invita quindi a proseguire, nel rispetto dell’autonomia gestionale ed economica dei singoli enti, nell’applicazione delle disposizioni contrattuali in materia di valutazione e di corresponsione della retribuzione di risultato e della produttività collettiva».