L’avviso ai naviganti del ministro Marianna Madia sul rischio che la sentenza della Consulta (che ha bocciato in parte la sua riforma) possa rappresentare un serio ostacolo per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici non va giù ai sindacati di categoria: «Le Regioni e i Comuni con l’Anci devono essere presenti – spiegano da Cisl e Cgil -, ma non serve l’intesa per questo».
E anche le opposizioni contrattaccano: «Quello del governo è un ricatto». Così, dopo sette anni di blocco della contrattazione e alla vigilia dell’appuntamento decisivo, in programma per mercoledì, l’uscita della responsabile della Pubblica amministrazione potrebbe rivelarsi un boomerang.
È accertato, dunque, che la decisione della Consulta costringerà il governo a inseguire le Regioni, per correggere e salvare alcuni decreti (come quelli sui vertici delle Asl, sulla licenziabilità dei fannulloni e sulle partecipate), mentre non ci sarà niente da fare per i provvedimenti sui servizi pubblici locali e sulla riforma della dirigenza pubblica. Tanto che si moltiplicano i sospetti che siano stati proprio i grand commis a operare, con cavilli e rapporti privilegiati, per ottenere questo risultato.
IL PROBLEMA, però, è che, secondo la Madia, il verdetto dei giudici costituzionali potrebbe mettere in forse il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici. «È prevista – spiega il ministro – una parte economica, gli aumenti medi di circa 85 euro, e una parte normativa per modificare alcuni istituti, come la valutazione o il salario accessorio. Ma ora, dopo la sentenza, bisogna capire come posso impegnarmi sulla parte normativa, se prima non raggiungo l’intesa con tutte le Regioni. Verificando, come dire, se il governatore del Veneto, Luca Zaia, sia d’accordo. Perché se non lo fosse, si bloccherebbe tutto».
PAROLE che fanno sobbalzare i sindacati. Per la Cisl, la sentenza della Consulta non coinvolge la parte contrattuale: «Abbiamo letto con attenzione il testo – fa sapere il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava -. È scritto in modo esplicito che non vengono toccati gli aspetti legati a contratti di lavoro, retribuzioni e relazioni sindacali. Sono questi i temi centrali dell’intesa che vogliamo fare con il governo». Per il responsabile Settori Pubblici della Cgil, Michele Gentile, devono essere anche presenti le Regioni e l’Anci, come è accaduto anche per il memorandum del 2007 e l’intesa del 2012, ma per dare valore al contratto non serve l’unanimità delle Regioni».
Toni accesi dalle opposizioni. Tanto i 5 Stelle quanto Renato Brunetta parlano di «ricatto infantile». «Smettiamola quindi, caro governo, di dire cose assolutamente false e strumentali sugli effetti della sentenza della Consulta _ conclude il governatore del Veneto Luca Zaia -. Non è vero che se un dipendente non timbra un cartellino per licenziarlo sia necessaria l’intesa con le Regioni. Su quello non c’è nessuna competenza regionale e quindi il governo può fare tutto quello che vuole: licenziare, adeguare gli stipendi (del tutto impropriamente il ministro Madia ha detto che per fare gli adeguamenti adesso ci vorrà l’intesa) o quant’altro. Soltanto per i dipendenti regionali il governo dovrà chiedere una intesa, che però, come ha precisato la Corte, è superabile se si va in stallo».
notizie tratte da La Nazione www.lanazione.it – 28 novembre 2016