Arriverà allo scoccare della mezzanotte di oggi la fiducia sulla legge di Bilancio bis. Disegna un 2019 difficile: la stangata sulle pensioni basse ed alte arriva a 2,5 miliardi in tre anni, c’è il rischio di aumento Iva di 3,5 punti nel 2020, arrivano più tasse e tagli agli investimenti. Esautorato il Parlamento: di fatto nei due passaggi di Camera e Senato il dibattito è stato azzerato.
La legge di Bilancio, ampiamente corretta direttamente da Bruxelles dopo un lungo e faticoso negoziato, ci profila un anno al cardiopalma e da esame permanente. Tre verifiche sui conti pubblici, vengono fissate nel nuovo testo: ad aprile, in concomitanza con il nuovo Def; a luglio per decidere la sorte dei 2 miliardi di spese dei ministeri “ congelati” in attesa di verificare che il rapporto deficit- Pil non dia segni di sfondare il 2,04 per cento; infine a settembre in concomitanza con la nuova “Finanziaria”. E sarà proprio in autunno che il governo allora in carica si troverà di fronte alla più clamorosa gatta da pelare degli ultimi anni: dovrà scegliere se tagliare 23 miliardi di spesa pubblica oppure procedere all’aumento dell’Iva di 3,5 punti, dall’attuale 22 per cento al 25,5 per cento, anche perché l’ipotesi di una sterilizzazione parziale dell’aumento è uscita di scena. Certo ci sarebbe la strada di ricorrere al deficit, ma in un Paese sotto “ doppio controllo incrociato” come sarà l’Italia del 2019 la strada sarà difficile.
Tagli e tasse dell’ultimo momento hanno rimesso in moto le proteste. I ripetuti passaggi con Bruxelles hanno prodotto come risultato un restringimento dei fondi per le misure bandiera di Lega e 5S, tagliate di circa 5 miliardi e ancora da scrivere nero su bianco. Così l’attenzione si sposta sui pensionati, ma guardando ai tagli più che alla “ Fornero”: le pensioni oltre tre volte il minimo, circa 1.500 euro, non avranno, come era stato stabilito anche da accordo sindacale, la rivalutazione piena: per risparmiare 256 milioni nel 2019 e più di 2 miliardi in tre anni. Le pensioni sopra i 100 mila lordi annui dovranno pagare un contributo di solidarietà dal 15 al 40 per cento ( 76 milioni). Ma per i decreti per quota 100 e il reddito bisognerà aspettare gennaio.
Il pacchetto fiscale penalizza il Sud: sono stati infatti tagliati i crediti d’imposta Irap per assunzioni a tempo determinato. Scende in campo anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri, per il rinvio delle assunzioni nella pubblica amministrazione e il reintegro delle uscite dei pensionati: lo sfasamento temporale di circa 4.000 nuovi impiegati peserebbe sulle casse dell’Istituto che non avrebbe la forza di gestire le due misure “bandiera”, reddito e quota 100, previste per il prossimo anno.
Il ripescaggio della web tax, per 150 milioni dal prossimo anno, scontenta la Confindustria Digitale che, con Elio Catania, teme che non saranno solo i colossi della rete a dover pagare, ma soprattutto le piccole e medie aziende italiane che hanno costituito piattaforme di vendita digitali.
Senza contare i problemi della crescita che, una volta abbassata la polvere della sessione di Bilancio, dopo le Feste, si ripresenteranno in tutta la loro drammaticità. La stima del Pil è scesa di mezzo punto all’ 1 per cento, ma girano previsioni che vanno dallo 0,5 allo 0,7. Non aiuta il taglio arrivato nelle ultime ore di 3 miliardi di cofinanziamenti europei e Ferrovie.
Sull’iter ieri si è scatenata la bagarre. Il Pd con Antonio Misiani alla testa, ha abbandonato i lavori della Commissione: la Finanziaria- bis è arrivata con la fiducia dalla Camera e non è stata discussa in Commissione al Senato. Il maximendamento tarda e alle richieste di “ audire” almeno l’Ufficio parlamentare di bilancio e di presentare una relazione al Parlamento, necessaria al cambio dei saldi, la maggioranza gialloverde, ha detto no.
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