Ma è scontro sulle coperture. L’ipotesi di un superprelievo. L’unica certezza è che ci sarà un intervento per rafforzare la rivalutazione delle pensioni, l’aumento automatico degli assegni per adeguarli al costo della vita. Una certezza relativa, perché siamo nel regno degli emendamenti alla Legge di Stabilità, con quel clima da assalto alla diligenza che sarà pure una frase fatta ma, insomma, rende bene l’idea.
Eppure un segnale arriverà perché il governo ha dato il suo ok e sia il Pd che il Pdl vogliono piantare la loro bandierina. L’accordo, però, si ferma al titolo: su come intervenire e su dove trovare i soldi le posizioni sono lontane. E, per capire quanto, serve un breve riassunto delle puntate precedenti.
Il decreto salva Italia (governo Monti) aveva bloccato la rivalutazione delle pensioni al di sopra dei 1.500 euro lordi al mese. Il disegno di legge di Stabilità approvato dal consiglio dei ministri 20 giorni fa allenta quel blocco con un intervento graduale: la rivalutazioni sarà al 100% fino a 1.500 euro, al 90% fino a 2 mila, al 75% fino a 2.500 e al 50% fino a 3 mila. Oltre la soglia dei 3 mila euro, invece, il blocco resta. Adesso il testo è all’esame del Senato. Sia il Pd che il Pdl propongono di allargare l’area della rivalutazione al 100% anche agli assegni che superano i 1.500 euro lordi. Le posizioni in realtà non coincidono ma un’intesa è possibile. Dove prendere i soldi, però?
«La nostra proposta — dice Giorgio Santini, relatore per il Pd — è rafforzare il contributo di solidarietà a carico delle pensioni più alte». Nel testo uscito da Palazzo Chigi il contributo riguarda la quota che supera i 150 mila euro lordi l’anno. L’idea del Pd è di abbassare la soglia a 90 mila con un prelievo del 5% che potrebbe arrivare al 15% per gli assegni più corposi. Ma dall’altra parte delle larghe intese non ne vogliono sentire: «I contributi di solidarietà — dice il relatore del Pdl Antonio D’Alì — sono già stati bocciati dalla Corte costituzionale e rischiano solo di fare altri danni anche ai conti dello Stato». Altro che abbassare la soglia a 90 mila euro, insomma, i soldi vanno trovati fuori dal sistema pensionistico: «Per noi — aggiunge D’Alì — l’operazione va finanziata con la rottamazione delle cartelle esattoriali e, anche se non è la posizione ufficiale del partito, con un ritocco della tassazione sulle rendite finanziarie». E le divergenze non finiscono qui. Il Pdl propone anche di fissare a 67 anni d’età una sorta di diga oltre la quale rendere la pensione intoccabile: superata quella soglia, anche in caso di assegno ricco, non ci sarebbe più né il contributo di solidarietà né il blocco della rivalutazione. Una clausola che però trova perplesso il Pd perché ridurrebbe una platea già limitata, i pensionati oltre i 90 mila euro sono appena 35 mila, lasciando pochi spiccioli da destinare alle pensioni più basse.
C’è poi un altro nodo da sciogliere, con l’obiettivo di evitare che si creino altri casi di esodati, persone senza stipendio e senza pensione, da dover poi salvare in un secondo momento. «L’idea — dice il relatore per il Pd, Santini — è consentire a chi perde il lavoro dopo i 62 anni di età di andare subito in pensione con le vecchie regole accontentandosi di quello che ha maturato fino a quel momento». Un meccanismo che potrebbe essere utilizzato da un numero limitato di persone, si ragiona intorno alle 40 mila l’anno. E che non dovrebbe avere un costo eccessivo perché se è vero che lo Stato pagherebbe subito la pensione almeno risparmierebbe sulla cassa integrazione che ormai ha dei costi non sostenibili. Quella che arriva dal Pdl è una prudente apertura: «Si può ragionare — dice il relatore D’Alì — ma a patto che sia garantita fino in fondo la piena volontarietà del pensionamento e che il meccanismo sia davvero non oneroso per lo Stato». E nella lunga battaglia sugli emendamenti può succedere di tutto. (Lorenzo Salvia – Corriere della Sera)
Legge di stabilità in Parlamento. Cuneo fiscale: sgravi ai salari di produttività. Si tratta sulla casa. Pensioni si allenta la stretta
Avanza il fondo di garanzia rafforzato Si stringe sul sostegno alle pensioni più basse. Seconda rata Imu. Tecnici al lavoro sulla copertura, gli acconti di novembre per le banche al 120% con una proroga possibile anche per il 2014
Una dote “mini” ad hoc o l’utilizzazione di gran parte degli 1,5 miliardi di sgravi fiscali destinati ai lavoratori per il 2014 con l’operazione taglio del cuneo. Sono le due opzioni sul tavolo per finanziare la detassazione del salario di produttività correggendo al Senato l’attuale versione della legge di stabilità. Con l’ipotesi di rinviare di un anno l’intervento sul cuneo e convogliare almeno due terzi dei fondi sulla produttività che con il trascorrere dei giorni prende sempre più corpo. L’idea sarebbe di destinare circa 500 milioni al “sociale” (povertà e fondo non autosufficienti) e 1 miliardo alla detassazione dei salari di produttività. Anche se nel Pd c’è chi insiste per non rinviare il mini-taglio del cuneo puntando solo a restringere la platea dei beneficiari per irrobustire il bonus, che dovrebbe scattare sotto i 28mila euro anziché i 55mila indicati dalla ex Finanziaria.
«Bisogna partire subito, non si può rinviare ancora», dice Giorgio Santini, relatore per il Pd della “stabilità”. Che annuncia anche che «come Pd ci faremo carico di abbattere il numero di emendamenti presentati». In tutto le proposte di modifica piovute in commissione Bilancio a Palazzo Madama sono 3.093, oltre 2mila delle quali arrivano dalla maggioranza: 992 emendamenti dal Pd, 814 dal Pdl e 166 da Scelta civica. Ma il segretario del Pd, Guglielmo Epifani, che chiede più investimenti ed equità sociale, prova a gettare acqua sul fuoco affermando che l’assalto alla diligenza sulla “stabilità” non è una novità: «Che io ricordi è sempre stato così». Anche il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Pdl), minimizza: «Ora non si ripeta la solita storia sui troppi emendamenti alla legge di stabilità. Si concentrerà il confronto su alcune cose essenziali». Ma il relatore del Pdl al Senato, Antonio D’Alì, conferma che il suo partito è pronto a dare battaglia anche su proposte di modifica per la riduzione del debito e della spesa.
Per il Pdl la priorità resta la rivisitazione dell’imposizione sulla casa. L’obiettivo è sostituire la Trise con un tributo unico comunale e calcolare la Tari sull’effettiva produzione dei rifiuti e non in base ai metri quadrati. Su questo punto è già in corso la trattativa con il Pd e il Governo così come sulle detrazioni per la Tasi da rendere eventualmente obbligatorie. Nel primo caso le posizioni non sono distanti. Ma la strada non è in discesa, anche perché il Pdl, soprattutto la componente del “lealisti”, sembra intenzionate a tenere alta la tensione in commissione. Sulla tassazione degli immobili «siamo assolutamente determinati», dice D’Alì. E il “lealista” Sandro Bondi ribadisce: «Vogliamo cambiamenti sostanziali a cui condizioniamo il sostegno al governo».
In commissione i lavori entreranno nel vivo martedì, ma si dovrebbe cominciare a votare mercoledì con l’obiettivo di arrivare in Aula tra il 18 e il 20 novembre. Domani una delegazione del Pdl dovrebbe incontrare alcuni dei sottosegretari dell’Economia. E sempre da domani entrerà nel vivo la mobilitazione promossa da Cgil, Cisl e Uil.
La partita sulla casa si annuncia lunga e si dovrebbe sbloccare solo alla fine del cammino della “stabilità” in commissione Bilancio. Così come quella sul cuneo. La disponibilità mostrata nei giorni scorsi dal premier Enrico Letta a prendere in considerazione l’ipotesi di convogliare le risorse previste per il 2014 per il taglio del cuneo (escluse quelle per la riduzione dei contributi Inail sulle imprese) al “sociale” e alla detassazione dei salari di produttività viene ribadita, un po’ provocatoriamente, dal ministro Enrico Giovannini. Che, dopo aver sottolineato come ci siano «troppe aspettative» sulla “stabilità”, afferma: «Se 1,5 miliardi sono troppo pochi» per il taglio del cuneo «allora mettiamoli su chi veramente è in uno stato di grave contrazione economica». ovvero sui più poveri.
Se casa e cuneo restano i veri nodi da sciogliere, su altri versanti Pd e Pdl stanno trovando punti di convergenza. A partire dalla necessità di rafforzare il Fondo di garanzia per le imprese. Un intervento che sta avanzando a grandi passi anche se tra le proposte in campo restano delle differenze: il Pdl punta a un rafforzamento del Fondo per le Pmi con il coinvolgimento della Cdp, il Pd alla nascita di una vera «piattaforma di garanzia» e il Governo guarda con favore a un Fondo con garanzie dello Stato. Quasi certo l’alleggerimento del blocco dell’indicizzazione sulle pensioni più basse. E più che possibili ritocchi per estendere la platea degli esodati da salvare e un ulteriore allentamento del patto di stabilità per i Comuni.
Intanto il Governo continua a lavorare alla copertura per la cancellazione della rata Imu di dicembre (v. Il Sole 24 Ore di ieri). L’ipotesi più gettonata resta quella di un aumento degli acconti Ires e Irap sulle banche tra il 116 e il 120% (al momento a percentuale più probabile) e forse sulle imprese di assicurazione che potrebbe essere prorogato anche per il 2014.
Pensioni. Si allenta la stretta sulle indicizzazioni
Rendere meno pesante la penalizzazione sulle pensioni di importo più basso. È uno dei pochi punti su cui esiste già una convergenza tra Pd e Pdl. E il via libera a un correttivo alla legge di stabilità su questo fronte può essere considerato quasi certo. Anche perché lo stesso governo starebbe valutando la possibilità di allentare il blocco dell’indicizzazione.
Le proposte di modifica presentate in commissione Bilancio a Senato però non collimano del tutto. I democratici puntano ad attenuare la deindicizzazione per le pensioni tra 4 e 6 volte il minimo (ovvero sopra i 1.500 euro). E, per reperire le risorse necessarie, propongono di far scattare il contributo di solidarietà sulle pensioni elevate (nella misura del 5%) già a 90mila euro anziché a 150mila come attualmente previsto dalla “stabilità”, e di farlo poi lievitare con il crescere del reddito. Ma il rafforzamento del contributo di solidarietà non convince troppo il Pdl. Che è d’accordo nel rendere meno stringente il blocco dell’indicizzazione lasciandolo in versione integrale solo per gli assegni oltre 6 volte il minimo, ma vincolandolo ad un limite anagrafico (ad esempio 68 anni di età) oltre il quale la pensione non può essere toccata. Convergenza possibile anche sul salvataggio degli esodati. Il Pd propone di destinare le risorse rimaste inutilizzate (i salvaguardati sono risultati inferiori a 146mila stimati dal governo) a chi rimarrà bloccato nel 2014. In salita la strada per un’altra proposta Pd: pensionamento possibile, ma con penalizzazioni, per i licenziati over 62. (Il Sole 24 Ore)
10 novembre 2013