La tassa sui licenziamenti alza la posta. Infatti, per lasciare a casa un dipendente, a torto a ragione, il datore di lavoro dovrà pagare un ticket d’importo variabile da un minimo di 459 a un massimo di 1.377 euro.
Lo prevede la legge di stabilità che, da una parte abbassa la misura dal 50 al 41% della nuova tassa di licenziamento introdotta dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012) con decorrenza dal 1° gennaio 2013, ma dall’altra alza la base di calcolo correlandola non più all’indennità Aspi spettante al lavoratore (come era prima), ma al suo massimale (pari a 1.119 euro a valore 2013).
La novità si riverbera sui licenziamenti collettivi dove pure è previsto il pagamento del ticket, però in misura triplicata e non prima del 1° gennaio 2017. In tal caso pertanto, bisognerà pagare da un minimo di 1.377 a un massimo di 4.131 euro. A conti fatti, la novità eleva il ticket con riferimento ai licenziamenti dei lavoratori retribuiti fino a 1.310 euro; per i licenziamenti di lavoratori retribuiti oltre quella somma invece, la misura è la stessa prima e dopo delle modifiche della legge di stabilità.
Ticket per licenziare (anche gli apprendisti). Prevista dalla legge n. 92/2012 (riforma Fornero) la nuova tassa è finalizzata a finanziare la riforma degli ammortizzatori sociali. Nel nuovo scenario le due principali prestazioni per i disoccupati, Aspi e mini Aspi, verranno finanziate con un contributo a carico delle imprese nella stessa misura pagata oggi (1,31%), più un’aliquota aggiuntiva sui rapporti a termine (1,4%), più quest’ulteriore contributo, analogo all’una tantum oggi pagata per l’accesso alla mobilità.
Tuttavia, mentre oggi il contributo straordinario colpisce soltanto le aziende in crisi e di certe dimensioni, dal prossimo anno il ticket di licenziamento si applicherà a tutti i datori di lavoro, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, ivi incluso il recesso del datore di lavoro al termine dell’apprendistato.
Il periodo transitorio (2013/2015). La nuova tassa scatta dal 2013; tuttavia, fino al 31 dicembre 2016, non sarà dovuta nei casi in cui è dovuto il contributo di ingresso alla mobilità. Per il periodo 2013-2015, inoltre, il ticket non andrà versato per:
a) i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale;
b) l’interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel settore edile per completamento attività e chiusura cantiere.
Dal 1º gennaio 2017, infine, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale, non abbia formato oggetto di accordo sindacale, la misura del ticket è triplicata.
Ticket più caro. Tre le novità della legge di stabilità: due con riferimento ai criteri di calcolo del ticket, una sulle condizioni di applicazione del ticket. La prima novità modifica l’aliquota di calcolo, facendola scendere dal 50 al 41%. La seconda novità modifica la base dove si applica l’aliquota per calcolare l’importo del ticket: mentre prima era il «trattamento mensile iniziale di Aspi», la legge di stabilità la cambia in «massimale mensile di Aspi»; fermo restando, invece, che il ticket è dovuto per «ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni».
Infine, con la terza novità si aggiunge che il ticket è dovuto «indipendentemente dal requisito contributivo» posseduto dal lavoratore circa il suo diritto all’Aspi. Una precisazione che, non essendoci prima, poteva fare intendere che il ticket non dovesse essere versato laddove il lavoratore, per carenza (appunto) del requisito contributivo, non avesse accesso all’Aspi. Con la nuova previsione, insomma, si chiarisce che, spetta o meno l’Aspi al lavoratore, il ticket va pagato.
© Riproduzione riservata – ItaliaOggi – 26 dicembre 2012