I cittadini chiedono minori sprechi, controlli rigidi e il coinvolgimento delle aziende, ma la classe politica sembra concentrata solo sui costi. È la foto che emerge dall’indagine dell’Osservatorio Sanità di UniSalute, commissionata all’istituto Nextplora dalla compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza e assicurazione sanitaria.
L’88% della popolazione italiana crede che per rendere più efficiente il Ssn sia necessario utilizzare diversamente e in modo più virtuoso le risorse disponibili ed adottare misure di controllo più rigide per eliminare sprechi e recuperare così nuove risorse. È quanto emerge dall’ultima indagine onlinedell’Osservatorio Sanità di UniSalute, commissionata all’istituto Nextplora dalla compagnia del gruppo Unipol specializzata in assistenza e assicurazione sanitaria.
Gli italiani, dal Nord al Sud Italia, hanno un’opinione ben definita sulle direzioni di intervento per cercare soluzioni ai problemi di natura economica del Ssn. Innanzitutto, credono che la tutela della salute non debba essere un compito ad appannaggio esclusivamente del sistema pubblico: a domanda specifica, infatti, il 71% degli italiani ritiene che le aziende dovrebbero occuparsi maggiormente di problematiche di tipo sanitario. Nello specifico, il 41% ritiene che dovrebbero occuparsi della salute dei propri dipendenti mentre il 25% crede che le tutele dovrebbero essere allargate alle loro famiglie e continuare anche una volta che i lavoratori siano andati in pensione. Solo il 29% degli intervistati ritiene, invece, che non spetti alle aziende interessarsi di questo tipo di problematiche.
Quanto alle cause alla base della scarsa efficienza del Ssn, per il 56% del campione sono riconducibili a modalità lacunose di gestione delle risorse mentre per il 37% sono imputabili a frodi: queste cause, che hanno indebolito fortemente il sistema, si accompagnano necessariamente a motivazioni “fisiologiche” legate ad un progressivo e costante invecchiamento della popolazione, con un conseguente aumento delle richieste di cura e dei relativi costi. A rafforzare questa convinzione vi è l’esperienza registrata in questi ultimi anni che ha dimostrato come le Regioni che spendono di più non necessariamente sono risultate le più efficienti ed appropriate nell’erogazione dei servizi di assistenza sanitaria, come anche evidenziato dal Piano Sanitario Nazionale 2011-13.
La percezione degli italiani in tema sanitario si discosta da quella della classe politica dirigente, più attenta ai costi che all’efficienza: ulteriore conferma arriva dalla manovra finanziaria recentemente approvata che prevede, nell’ottica di un contenimento della spesa pubblica, l’aumento dei ticket sanitari. Una misura che ha fatto e continua a far molto discutere, ma che alla luce dei dati appare lontana dalle politiche di intervento ritenute primarie dagli italiani.
“Da quanto emerge dalla ricerca – afferma Andrea Pezzi, Direttore Generale di UniSalute – gli italiani sembrano avere una posizione precisa e condivisa sugli interventi necessari per cercare soluzioni ai problemi che riguardano il Ssn. Indicazioni che – prosegue Pezzi – potrebbero essere utili alle stesse Istituzioni nell’attuazione di politiche orientate a garantire una maggiore sinergia tra azioni volte al miglioramento della qualità dell’offerta e iniziative tese ad una razionalizzazione della spesa”.
L’idagine Cawi è stata condotta a marzo 2011 su di un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età (over 25), sesso ed area geografica (totale 601 casi).
L’Osservatorio Sanità di UniSalute, avviato nel 2002 con l’obiettivo di monitorare il mondo della sanità integrativa, si occupa oggi anche della percezione degli italiani su fiducia, competenza, conoscenza dei servizi sanitari pubblici e privati, oltre che sul ruolo del welfare sanitario in azienda.
Quotidianosanita.it – 27 settembre 2011