L’eterna spending review. Enrico Bondi prende ancora tempo fino al 12 giugno per spiegare come ridurre la spesa pubblica
La spending review è un po’ come il maiale: non se ne butta via niente. È per questo che da tre giorni rimbalzano sui giornali, trattate come grandi novità, notizie vecchie e mal-capite sui risparmi che il governo spremerà dal bilancio dello Stato. Basti citare il caso dei circa 100 miliardi di spesa “aggredibile da subito” secondo il ministro peri Rapporti col Parlamento Piero Giarda che sono subito diventati 100 miliardi di tagli: vedi, al proposito, il rivelatore misunderstanding del segretario Pdl Angelino Alfano (“ci fa piacere che il governo abbia un target di 100 miliardi su cui puntare e non di 5”). In realtà, la frase di Giarda cui si riferisce il segretario del PdL è la stessa che proprio Giarda aveva sia messo per iscritto che ribadito a voce presentando la sua relazione sulla spending review al Consiglio dei ministri. Roba di un mese fa. La tesi del ministro è che nel bilancio pubblico ci sono un’ottantina di miliardi su cui si può agire subito per tagliare qualcosa, su altri 300 si può agire nel medio periodo. Giusto per dare qualche numero, va ricordato che l’intera spesa pubblica italiana, al netto degli interessi sul debito, è di 720 miliardi circa, attorno
al 50 per cento del Pil, in linea con la media Ue: tagliarne cento tutti in un colpo, insomma, sembra un’esagerazione e un’esagerazione pericolosa durante una recessione. Lo stesso discorso, però, si può fare per i tagli da 4,2 miliardi in 7 mesi (da giugno a dicembre) che il governo ha annunciato entro giugno: si tratta di 7,2 miliardi su base annua, vale a dire il 9 per cento degli 80 miliardi su cui si lavora, che servono per evitare che ad ottobre l’ Iva passi dal 21 al 23 per cento uccidendo quel poco che resta della domanda interna (è la famosa “clausola di sal-vaguardia” di Giulio Tremonti, che però all’epoca aveva deciso di tagliare tutte le agevolazioni fiscali). Tutta roba già prevista dal decreto sulla spending review, che istituisce il comitato interministeriale di lavoro e la figura dei tre commissari ad hoc (acquisti pubblici, partiti e incentivi alle imprese). Sul decreto, sia detto en passant, i senatori hanno già presentato 112 emendamenti e cominceranno a votarli oggi.
PIÙ INTERESSANTE, invece, è capire in che direzione si sta muovendo Enrico Bondi dopo le 130mila segnalazioni di sprechi arrivategli all’indirizzo e mail messo a disposizione dal governo (che chiude oggi). II lavoro è nelle fasi decisive visto che i ministri dovranno consegnargli le singole spending review entro il 31 maggio e che tutti i provvedimenti per conseguire i risparmi saranno approvati entro giugno. Per capire cosa succede, fonti di governo ieri consigliavano di leggere attentamente
l’apposita velina distribuita da palazzo Chigi: in sostanza, buona parte del lavoro lo si farà sull’acquisto di beni e servizi da parte della P.A. grazie alla Consip. Le analisi già fatte, dice la presidenza del Consiglio, “suggeriscono la possibilità di una serie di azioni per realizzare un sistema di acquisto realmente integrato”. Insomma, Bondi individuerà “i fabbisogni ottimali” per i vari uffici e Consip farà gare conseguenti: per non fare che un esempio, l’asta unica per il servizio intercettazioni dovrebbe consentire risparmi per 200-250 milioni l’anno. É da qui che verranno quasi tutti i 4,2 miliardi di risparmi necessari quest’anno. D’altronde è una torta grossa: 150 miliardi nel complesso, un quinto dei quali definibili “sprechi” secondo alcuni studi. Quanto alle regioni, che hanno in mano la borsa della sanità, si registra una preoccupazione moderata visto che quella spesa è considerata in larga parte riducibile solo nel medio periodo. Meno felici degli altri, però, sono quelli delle regioni commissariate: una delle ipotesi del governo è infatti quella di nominare un commissario ad acta perla loro spending review sanitaria, ma non certo i governatori com’è stato finora (vedi Iorio, Polverini, Chiodi e via dicendo). Coi tagli, però, bisogna stare attenti: “Evitiamo di farli col machete”, ammoniva ieri Giorgio Napolitano. Comunque c’è tempo prima di cominciare a preoccuparsi: il comitato interministeriale cui risponde Bondi si riunisce di nuovo il 12 giugno. Poi, forse, cominceranno i tagli. Ma non è detto.
Il Fatto quotidiano – 29 maggio 2012