Si lavora a tre ipotesi sul taglio delle agevolazioni fiscali che potrebbe essere già inserito nella manovrina. In ballo, come spiegano le bozze del Programma nazionale di riforme che sarà varato fine settimana, ci sono 444 tax expenditures sulle quali dovrà agire il rasoio del governo. Naturalmente il cantiere è aperto: in settimana si prevedono alcuni passaggi cruciali sulla strada di Def, Pnr e manovra-bis: il summit Padoan- Pd di domani, il vertice di maggioranza mentre anche le parti sociali chiedono di essere ascoltate.
La materia delle tax expenditures è delicata e non è la prima volta, dopo il censimento della Commissione Ceriani, che l’esecutivo tenta l’intervento: ci provò Monti nel 2012 e negli ultimi due anni il governo Renzi, che arrivò ad un passo dalla soluzione, alla fine decise di fare marcia indietro. Motivo: il taglio delle detrazioni e delle deduzioni si risolve pur sempre in un aumento della pressione fiscale. Tuttavia la questione è ormai matura: l’Italia è il Paese che, dopo l’Austria, ha il peso maggiore di sconti fiscali rispetto al Pil e, come ha segnalato la Corte dei Conti, da quando si parla del taglio ad oggi, detrazioni e deduzioni invece di diminuire sono aumentate di 33 fattispecie. Il Rapporto sulle tax expenditures, citato dal Pnr, ha individuato 444 detrazioni e deduzioni fiscali: si va dalle 111 riferite a politiche economiche, alle 59 per la competitività delle imprese, alle 51 per diritti sociali e famiglia, fino alle 49 relative alle politiche del lavoro.
Le tre ipotesi in campo scartano tutte le detrazioni legate al lavoro, alla famiglia e al Welfare: la risoluzione parlamentare al Def dello scorso anno pone infatti paletti ben precisi. Resta tuttavia la possibilità di intervenire ancora su una platea molto ampia di sconti che potrebbe consentire di recuperare, in un primo momento, qualche centinaio di milioni.
Sarebbe stata accantonata l’ipotesi di azzerare questa o quella detrazione-deduzione perché utilizzata da pochi soggetti (meno di 300-500 mila) perché scatenerebbe scontri con singole categorie e, alla fine genererebbe scarsi risparmi.
Si pensa invece ad interventi “lineari” su tutta la platea delle agevolazioni che attualmente prevedono che si possa detrarre il 19 per cento della spesa sostenuta fino ad un limite massimo che varia per ciascuna agevolazione. In questa lista ci sono gli oneri detraibili per mutui casa, assicurazioni vita, spese per i corsi di istruzione, per le spese funebri, per la palestra dei figli, per il veterinario ecc. L’ipotesi è quella di ridurre la detraibilità dal 19 al 18-18,5 per cento.
L’altra opzione su cui si lavora è più articolata: si tratterebbe di porre un tetto massimo, o “cap”, al reddito all’interno del quale deve stare l’intero ammontare delle detrazioni fiscali percepite dal contribuente. Il tetto potrebbe essere dal 2 al 5 per cento e ciascun contribuente avrebbe libertà su come utilizzare il proprio plafond di detrazioni. Ad esempio: su un reddito di 30 mila euro si avrebbe a disposizione un “fondo” detrazioni che va dai 600 ai 1.500 euro.
La terza ipotesi, che tuttavia non distinguerebbe tra redditi bassi e alti, è simile a quella avanzata dal governo Monti nel 2012. Si tratterebbe di introdurre una franchigia di 250 euro e un tetto di 3.000 euro da applicare a tutti gli sconti fiscali.
Repubblica – 3 aprile 2017