Sottolineato come il finanziamento della Stabilità sia inferiore a quello atteso dal Patto per la Salute e che le misure di contenimento potrebbero fallire non essendo specificate nel dettaglio. Ma il rischio è anche quello di nuovi tagli al finanziamento. Come accadde l’anno scorso dopo che le Regioni decisero di intervenire anche sulla sanità per far fronte alle riduzioni di spesa a loro carico. Affondo anche sul decreto appropriatezza: “Al momento nesun esito sui risparmi”.
Le azioni di spending review volte a ottenere risparmi potrebbero produrre risultato ma “non sono specificate, se non in piccola parte (si pensi, in particolare, alla centralizzazione degli acquisti), restando piuttosto affidate alla competenza e alla responsabilità delle Regioni e dei direttori generali. Pertanto non è possibile valutare con puntualità gli effetti della manovra”. In ogni caso “al settore potrebbe essere domandato un ulteriore contributo, qualora non sia possibile giungere alle riduzioni richieste solo a carico degli altri comparti”. In soldoni questo si potrebbe tradurre in una contrazione dello 0,5% del rapporto della spesa sanitaria sul Pil nel periodo 2015-2019 (che arriverebbe al 6,3% del Pil). Queste alcune delle considerazioni sulla Legge di Stabilità, e più in generale sul comparto, contenute nel focus “La revisione della spesa pubblica: il caso della Sanità” curato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio.
Il Focus contiene una riflessione sulla complessa relazione esistente tra risorse, efficienza/efficacia nell’uso delle stesse, qualità e accesso ai servizi. Al dubbio se le misure di correzione della spesa rischino di mettere a repentaglio la funzione di tutela della salute “non è possibile offrire una risposta esaustiva e definitiva. Da un lato, è ancora possibile per le Regioni migliorare il rapporto costo/efficacia dei servizi, attraverso interventi volti alla riduzione degli sprechi, al miglioramento dell’efficienza organizzativa, alla più netta separazione tra interesse pubblico e interessi privati, all’accrescimento dell’appropriatezza, sebbene i margini di azione tendano a restringersi”.
Le informazioni raccolte fotografano un SSN che si va ristrutturando, con un ridimensionamento dell’assistenza ospedaliera (su tutto il territorio nazionale) e un qualche rafforzamento di quella territoriale (soprattutto in alcune Regioni), in presenza di un importante sforzo di contenimento delle risorse complessive, concentrato di recente soprattutto in quelle Regioni che tradizionalmente hanno mostrato minore capacità di gestione. Il processo di riqualificazione del sistema e di superamento delle differenze geografiche nei livelli quantitativi e qualitativi di fornitura è rimasto indietro rispetto a quello di responsabilizzazione finanziaria, malgrado gli sforzi messi in atto per garantire gli standard nazionali, ad esempio, attraverso il monitoraggio dei LEA e il Programma nazionale esiti.
Emergono inoltre alcuni segni di limitazione dell’accesso fisico (razionamento) ed economico (compartecipazioni) e tracce di una tensione nell’organizzazione dei servizi, legata alla limitatezza delle risorse finanziarie e umane, che potrebbero rivelarsi insostenibili se prolungate nel tempo.Questo avviene mentre i principali paesi sviluppati allocano quantità sempre maggiori di risorse sulla sanità, seguendo una tendenza che riflette l’aumento della domanda di salute legato all’incremento del benessere e all’invecchiamento della popolazione, oltre che la scoperta di nuove tecnologie e le aspettative di sviluppo del settore
La sintesi del Focus:
Il Focus evidenzia che con gli interventi del disegno di legge (DDL) di stabilità per il 2016, il finanziamento del Servizio sanitario nazionale (SSN) viene posto a 111,0 miliardi, livello superiore a quello del 2015 (pari a 109,7), ma inferiore di 2,1 miliardi a quanto previsto, a legislazione vigente, dopo la manovra dello scorso anno (113,1 miliardi). Ma lo studio evidenzia anche per il triennio 2017?19, il DDL prevede riduzioni aggiuntive del finanziamento, a seguito della richiesta alle Regioni di garantire un ulteriore contributo al riequilibrio delle finanze pubbliche. Lo sforzo richiesto alle Regioni, pari a 4 miliardi per il 2017 e 5,5 sia per il 2018 che per il 2019, dovrà essere allocato tra gli ambiti di spesa e ripartito tra le Regioni annualmente attraverso un accordo da recepire in Conferenza Stato?Regioni. In caso di mancata Intesa, sarà il Governo, con DPCM, a stabilire l’allocazione del taglio tra i settori di spesa regionale – compresa, dichiaratamente, la sanità – e il riparto tra gli enti (da determinare anche sulla base della popolazione e del PIL)”.
Ecco perché “al settore potrebbe essere domandato un ulteriore contributo, qualora non sia possibile giungere alle riduzioni richieste solo a carico degli altri comparti. Data la composizione dei bilanci delle Regioni, sembrerebbe peraltro inevitabile che una quota significativa della correzione venga posta a carico del SSN. Considerando le stime sull’evoluzione della spesa sanitaria a legislazione vigente contenute nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015, che prevedono un calo, in rapporto al PIL, da 6,8 a 6,5 punti percentuali tra il 2015 e il 2019, nel quadro programmatico la riduzione del rapporto a fine periodo potrebbe risultare di circa mezzo punto di PIL”.
Il Focus rimarca come “il DDL di stabilità ribadisce che il ‘rispetto dei livelli essenziali di assistenza’ non deve essere messo a repentaglio dai risparmi”, ma ricorda come “rimane da dimostrare la concreta compatibilità tra la riduzione del finanziamento programmata e la sostenibilità del SSN che, se non garantita, potrebbe dare luogo a sforamenti delle previsioni di spesa e/o a carenze nell’assolvimento della funzione di tutela della salute”.
Per l’Ufficio Parlamentare di Bilancio si “tratta di riuscire a gestire la pressione generata da fattori contrapposti: da un lato, il ridimensionamento delle risorse rispetto a quanto concordato; dall’altro, l’impegno ad adottare i nuovi LEA e i nuovi nomenclatori, l’introduzione di importanti e costosi farmaci innovativi, l’avvio della contrattazione economica per il personale dipendente (e forse quello convenzionato), l’applicazione di nuovi parametri sulla quantità/qualità delle prestazioni e delle norme europee sugli orari di lavoro del personale sanitario ed eventualmente l’adozione del nuovo Piano vaccini. I risparmi ricavabili con alcune misure di spending review previste dal DDL di stabilità per il 2016 potrebbero favorire l’alleggerimento della pressione, e quindi il successo delle Regioni nello sforzo di ridurre gli sprechi” anche se “tuttavia che le azioni volte a ottenere questo risultato non sono specificate, se non in piccola parte (si pensi, in particolare, alla centralizzazione degli acquisti), restando piuttosto affidate alla competenza e alla responsabilità delle Regioni e dei direttori generali. Pertanto non è possibile valutare con puntualità gli effetti della manovra e ci si deve limitare a cercare di verificare quali siano gli spazi disponibili e quali i rischi”.
In questo senso il focus parla dell’appropriatezza e del fatto che “non sembra rappresentare un valido strumento per ottenere ritorni economici immediati (a meno che non si trasformi in un razionamento anche di prestazioni efficaci), ma piuttosto un percorso volto alla progressiva riduzione degli sprechi”.
“Il tentativo di ottenere risparmi di spesa pari a 106 milioni fin dal 2015 – si legge – , con un decreto del Ministero della Salute volto alla revisione delle condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva da approvare rapidamente negli ultimi mesi del 2015 (previsto in sede di conversione in legge del DL 78/2015), ha incontrato ampie difficoltà, che ne hanno rallentato l’attuazione20. Il primo schema di decreto ha alimentato un intenso dibattito nel corso del quale, da un lato, si vanno chiarendo alcuni aspetti relativi all’applicazione pratica del provvedimento, dall’altro, si è affermata l’opportunità di una riflessione più profonda, tanto da sottoporre il documento a un’altra revisione e da riprendere il tema dell’appropriatezza con il DDL di stabilità per il 2016, in connessione con quello dell’introduzione dei nuovi LEA. L’appropriatezza insomma non sembra rappresentare un valido strumento per ottenere ritorni economici immediati (a meno che non si trasformi in un razionamento anche di prestazioni efficaci), ma piuttosto un percorso volto alla progressiva riduzione degli sprechi. Quanto alle inefficienze, queste possono dipendere da carenze nelle capacità di gestione, ed eventualmente da fenomeni di corruzione e/o infiltrazioni della criminalità organizzata. Maggiore è l’inadeguatezza dell’amministrazione, più alto il rischio che interessi privati prendano il sopravvento”.
Infine nel focus vengono presentati alcuni dati sulla spesa sanitaria; in particolare, viene messo in evidenza che la spesa sanitaria in Italia è relativamente bassa nel confronto internazionale ed è stata posta sotto controllo negli ultimi anni, anche nelle Regioni in piano di rientro. E poi l’attenzione si sposta l’attenzione su alcune evidenze utili a ragionare sulla sostenibilità del SSN, individuando alcuni indizi difenomeni di razionamento fisico ed economico in corso, e riportando alcuni dati che mostrano il permanere di un forte divario territoriale nella fornitura dei servizi.
Luciano Fassari – Quotidiano sanità – 21 dicembre 2015