I Comuni: escludere dal deficit gli investimenti in infrastrutture locali. La protesta: «Imbrigliati dal patto di stabilità». Dopo il premier Monti, il commissario Enrico Bondi incontrerà il ministro Giarda
ROMA – La sanità, perché è qui che si concentra il grosso dei numeri. E le auto blu, perché al di là dei costi, rappresentano il simbolo di quei privilegi difficili da sopportare in un tempo di sacrifici per tutti. Si apre una settimana decisiva per la spending review e, spiegano fonti governative, dovrebbero essere queste le due priorità per la revisione della spesa pubblica. Mentre il governo pensa a come tagliare i costi della macchina dello Stato, però, sale la protesta dei Comuni che vogliono utilizzare le risorse che hanno già e sono bloccate dal Patto di stabilità.
Proprio l’ordine degli interventi sulla spending review è stato argomento di confronto tra il commissario Enrico Bondi e il presidente del consiglio Mario Monti che sabato hanno cenato insieme ad Arezzo. La questione sarà approfondita martedì quando lo stesso Bondi sarà ricevuto dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda.
In questi giorni Bondi ha studiato il ruolo della Consip, la società per razionalizzare gli acquisti della pubblica amministrazione. Ed ha potuto osservare che c’è un buco nelle regole che dovrebbero garantire il rispetto dei parametri di prezzo e qualità in tutte le gare pubbliche: il ritardo nella trasmissione dei dati. Il prezzo d’acquisto viene comunicato spesso dopo mesi, quando ormai è impossibile intervenire. Per questo è allo studio un meccanismo che consenta di incrociare subito il prezzo al quale un fornitore si è aggiudicato la gara con quello praticato dalla stessa Consip. Con la possibilità di bloccare la fornitura in caso di scostamento non giustificato. Ma i risparmi non dovrebbero arrivare solo dal lavoro di Bondi e Giarda. Sempre per la sanità, ad esempio, si profila la chiusura e l’accorpamento di 11 mila strutture nelle otto Regioni che hanno i conti in rosso, come Piemonte e Lazio.
Se il lavoro sulla spesa pubblica è ancora lungo, sul fronte opposto il governo dovrà fronteggiare la crescente offensiva dei Comuni, che hanno i soldi, ma sono imbrigliati nella gabbia del Patto di Stabilità interno e non li possono spendere. Una situazione che i sindaci, pronti a offrire al governo delle soluzioni per limitare l’impatto della maggior spesa sul deficit pubblico, definiscono assurda, e resa ancor più paradossale dalla nuova Imu. I sindaci devono mettere la tassa, ma con il tetto del Patto, non possono spenderne il gettito per finanziare servizi o nuove opere pubbliche.
Nel 2012 la spesa massima che il Patto consente ai sindaci è di 5,9 miliardi di euro, ma potrebbe essere superiore di 3,5 miliardi di euro se i Comuni potessero utilizzare le risorse correnti disponibili senza aumentare le tasse. E se si potessero toccare i residui passivi, cioè i fondi stanziati negli anni scorsi e giacenti in cassa ma non utilizzati, ci sarebbe una maggior capacità di spesa di altri 11 miliardi di euro. «Con un impatto solo “una tantum” sul bilancio pubblico, perché – spiega Angelo Rughetti, segretario generale dell’Anci, l’associazione dei Comuni – non sarebbe un’uscita di carattere strutturale».
In tutto i sindaci avrebbero la possibilità di mobilitare 20 miliardi di euro solo quest’anno, che sarebbero utilissimi alla crescita dell’economia. E anche se comprendono la situazione delicata dei conti pubblici italiani, non si scoraggiano. Il 24 maggio saranno tutti a Venezia a manifestare contro l’Imu, ma puntano a un accordo con il governo per lo sblocco, almeno parziale, del Patto interno e la razionalizzazione della nuova imposta municipale. E suggeriscono a Monti per l’Italia la «ricetta Monti» per l’Europa: la golden rule per escludere dal calcolo del deficit gli investimenti in un piano di infrastrutture per le grandi città, i project bond per finanziarle. E la creazione di due fondi, da collocare sul mercato, che acquistino uno gli immobili, l’altro le società partecipate dai Comuni.
Corriere – 14 maggio 2012