L’Italia rischia di finire davanti alla Corte europea di Giustizia per non aver recepito la normativa Ue a tutela degli animali utilizzati nelle ricerche scientifiche. Già oggi il commissario per l’Ambiente, lo sloveno Janez Potocnick, potrebbe avanzare questa proposta a causa del blocco al Senato della specifica legge italiana, provocato dal duro scontro tra difensori degli interessi degli animali e della ricerca scientifica. L’Italia ha superato il termine imposto dalla direttiva Ue del settembre 2010 per introdurre le norme a protezione degli animali. La Commissione Europea chiede a Roma di recepire la direttiva del 2010 che regola lo svolgimento di prove scientifiche. In caso di condanna del tribunale, si prospetta una multa da 150mila euro per ogni giorno di violazione. Il termine ultimo per l’approvazione era il 10 novembre 2012
Queste erano state approvate in Europa dopo un procedimento durato anni sempre per la difficoltà di conciliare la posizione degli animalisti con quella dei ricercatori e delle case farmaceutiche. Anche a Roma il problema sembrava superato. Il governo aveva varato un decreto, che è stato poi bloccato nel passaggio al Senato in quanto non conforme in diversi punti alle norme di Bruxelles e alla legge delega.
Il decreto iniziale piaceva agli animalisti, che contestano anche l’efficacia dei test sugli animali per gli uomini (denunciando dati allarmanti sugli effetti collaterali di medicine). Luigi Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, e altri esponenti del settore hanno però protestato per l’originaria legge delega in quanto troppo restrittiva rispetto alla normativa Ue. L’intervento della Commissione europea dovrebbe ora accelerare il raggiungimento di un compromesso per evitare all’Italia le multe della Corte Ue.
Secondo quanto appreso dall’Ansa, la decisione sarà presa oggi e prospetta una multa da oltre 150 mila euro al giorno. La sanzione, secondo la proposta messa a punto dai servizi del commissario Ue all’ambiente Janez Potocnik, dovrebbe scattare dal momento della condanna dell’Italia da parte della Corte. Lo scorso giugno l’esecutivo comunitario aveva già lanciato un primo avvertimento alle autorità italiane emettendo un cosiddetto ‘parare motivato’, ultimo stadio della procedura d’infrazione prima del deferimento alla Corte.
Il nostro Paese, secondo le informazioni raccolte a Bruxelles dall’Ansa, è rimasto oggi l’unico tra i partner Ue a non aver ancora recepito la direttiva numero 63 approvata nel settembre del 2010, una norma sulla protezione degli animali utilizzati a scopi scientifici adottata dall’Unione dopo un iter durato anni. La data limite per la sua introduzione nel diritto nazionale era fissata per il novembre del 2012, mentre il primo gennaio 2013 è scaduto il termine ultimo per la sua applicazione.
In realtà, il testo del decreto legislativo, approvato dal Governo lo scorso 21 novembre e destinato a recepire la direttiva europea, dopo essere passato dalla Camera, è ora fermo al Senato e tutto il suo iter è stato finora condizionato dallo scontro apertosi tra chi ritiene insufficienti le tutele previste per gli animali e chi sottolinea la necessità di poter utilizzare delle cavie per testare farmaci e altri prodotti potenzialmente pericolosi per la salute umana.
22 gennaio 2014