Il Corriere della Sera. I continui cambi di direzione sulle fasce di età a cui somministrare il vaccino di AstraZeneca hanno disorientato i cittadini. La morte di Camilla, 18 anni, ha sollevato ondate di sgomento, paura e rabbia e mandato nel panico tante persone che devono ancora vaccinarsi o decidere se immunizzare i figli. Eppure Roberto Speranza conferma la rotta: «Chi scrive o afferma che il piano è saltato non sa quel che dice. Terremo il passo delle 500 mila somministrazioni al giorno, ma in maggiore sicurezza. Il governo e il premier prima di dare il via libera hanno fatto tutte le verifiche possibili».
E questo per il ministro della Salute vuol dire che l’obiettivo dell’immunità di gregge a settembre non è affatto sfumato. «Ce la faremo — rassicurava ieri, nelle ore del caos e della tensione — stiamo andando avanti molto serenamente, la campagna vaccinale è pienamente sostenibile. Prova ne sia il fatto che sabato sono state somministrate 513 mila dosi». Momento durissimo, ministro? «Abbiamo affrontato di peggio, avevamo 800 morti al giorno mentre oggi (ieri, ndr) sono stati 26 e 1.390 i nuovi casi, destinati a scendere ancora nelle prossime ore».
La stanchezza c’è e la preoccupazione anche, perché è l’approccio con cui sin dall’inizio il ministro di Leu ha affrontato l’emergenza. Ma Roberto Speranza non si sente sul banco degli imputati, è convinto di avere la coscienza a posto così come, dal suo punto di vista, ce l’hanno il premier Draghi, il commissario Figliuolo e gli esperti del Comitato tecnico scientifico che ispira le mosse dell’esecutivo. «Capiamo bene che siamo in un momento di passaggio e di confusione — riconosce Speranza —. Ma la gente si fida degli scienziati, che in questi giorni stanno continuando a spiegare e tranquillizzare».
La tempesta politica e mediatica non si placa. Giorgia Meloni accusa il governo di «creare il panico» e Matteo Salvini rimprovera a Figliuolo, a Speranza e all’intero esecutivo di aver usato i più giovani come «cavie da laboratorio». Ma il ministro evita di infiammare ancor di più gli animi e quasi si appella al mondo dei media perché dia una mano a spiegare e dissipare la nebbia: «Sono enfatizzazioni, campagne politiche… Accusarci di usare gli italiani come cavie e dare la caccia al colpevole sono stupidaggini. La cosa da fare è gestire la situazione, somministrare i vaccini a mRna a chi ha meno di 60 anni e lavorare per far salire la fiducia degli italiani».
Le verifiche
Con il premier prima di dare il via libera
abbiamo fatto tutte
le verifiche possibili
La campagna vaccinale
è pienamente sostenibile
Sembra facile. Gli interrogativi che assillano i cittadini sono tanti, troppi. I vaccini a vettore virale come AstraZeneca e Johnson&Johnson sono sicuri? Se sì, perché il Cts e il governo hanno mutato indirizzo così tante volte? Chi è disposto a giurare che non accadrà ancora? Speranza, in pubblico e nelle riunioni riservate, prova a mettere qualche punto fermo. Il primo: «Vietare AstraZeneca a tutti gli italiani non esiste, non lo abbiamo mai preso in considerazione, ma lo terremo soltanto per i richiami e per qualche prima dose sopra i sessant’anni».
Il piano italiano va aggiustato in corsa. Aifa, Salute e Cts «hanno deciso all’unanimità di diminuire un poco l’incidenza dei vaccini a vettore virale», conferma il ministro. Per la strategia di fondo si guarda all’Europa, orientata a non fare nuovi ordini di AstraZeneca per puntare sui vaccini a Rna messaggero. Il «mix» vaccinale, che Germania e Francia stanno portando avanti da due mesi con risultati «incoraggianti», è dunque anche la via italiana: a chi ha fatto AstraZeneca e ha meno di 60 anni sarà somministrata la seconda dose con un vaccino a mRna, per azzerare il rischio di reazioni avverse anche fatali. L’immunologo del Cts Sergio Abrignani lo chiama «principio di massima cautela» e Speranza concorda con la necessità di «azzerare il rischio, anche se minimo». Nel trimestre arrivano 41 milioni di Pfizer e Moderna ed è su questi sieri che il governo italiano punta. «I vaccini — ricorda Speranza — sono la soluzione, non il problema».