In tempo di tagli in tutti i settori i senatori garantiscono comunque un aumento del fondo spesa per i gruppi parlamentari. Una norma che non potrà essere modificata alla Camera. Il gruzzolo inizialmente previsto era di 150 milioni: viene ridotto di 30 milioni subito (da 100 a 70), ma aumentato di 40 nel 2013 (da 50 a 90)
È uno di quegli emendamenti che passano regolarmente inosservati e vengono altrettanto regolarmente approvati. All’ingrosso c’è scritto più o meno così: all’articolo X della legge Y sostituire le parole ‘100 milioni’ con le seguenti ‘70 milioni’ e al terzo periodo sostituire ’50 milioni’ con ‘90 milioni’. Firmato: Paolo Giaretta del Pd e Gilberto Pichetto Fratin del PdL, relatori in Senato della spending review. Che vuol dire? si chiederà il lettore. In parole povere che, dentro quel decreto che taglia la sanità e affama gli enti locali per miliardi di euro, dentro quello stesso decreto nel quale non si è riusciti a trovare 38 milioni per garantire duemila esodati del gruppo Finmeccanica, il Senato ha invece avuto la capacità di scovare altri 10 milioni da infilare nel fondo di spesa per i gruppi parlamentari, meglio noto come Legge Mancia, vale a dire l’argent de poche a disposizione degli eletti per foraggiare spesucce nei collegi d’appartenza (alcuni gruppi come il Pd, va detto, ora li devolvono tutti ad uno scopo tipo l’emergenza sisma, altri come IdV non partecipano proprio alla spartizione).
Insomma, se noi traducessimo più o meno in una lingua comprensibile quelle poche, oscure righe potremmo scrivere questo: i soldi della Mancia erano 150 milioni, cento quest’anno e 50 il prossimo. Con un barbatrucco i fondi vengono ridotti di 30 milioni subito (a 70), ma aumentati di 40 nel 2013 (90 milioni). Il totale nel biennio, insomma, passa da 150 a 160 milioni. Questa trouvaille – va confessato – la dobbiamo al lavoro di Silvana Mura, deputata di Italia dei Valori, secondo cui peraltro “ancora peggio è il fine dell’operazione, anche se questa è una mia illazione e non ho le prove. Perché infatti spostare la maggior parte della spesa (guadagnandoci pure 10 milioni) all’anno prossimo? Perché si cerca di prendere tempo, visto che, considerata la situazione economica e politica, è probabile che nessuno avrà il coraggio di spartirsi i soldi del 2012”.
Insomma, spiega la tesoriere di Italia dei Valori, “conviene spostare il malloppo al 2013 in attesa di tempi migliori e pure per schivare un mio ordine del giorno già approvato che impegna il governo a destinare tutti i soldi al terremoto”. Anche l’esecutivo, peraltro, non è che ci faccia una grandissima figura: “Vede, tace e non provvede – insiste – Mura perché un membro del governo mi ha detto chiaro e tondo: noi fino alla fine dell’anno stiamo fermi per rispetto del Parlamento”.
Per chi si facesse soverchie aspettative sull’utilità della denuncia, però, va chiarito che non c’è alcuna possibilità che il decreto venga modificato alla Camera, magari togliendo 38 milioni al fondo della Legge Mancia per destinarli a quei duemila esodati rimasti a bocca asciutta in Senato: il governo ha già chiarito che Montecitorio deve approvare la spending review così com’è, per mandarla in Gazzetta Ufficiale prima delle vacanze estive. La cosa è talmente risaputa che a Montecitorio tutti erano convinti che il voto definitivo sarebbe arrivato venerdì sera e chiusa lì: meglio di no, ha spiegato un Gianfranco Fini preoccupato dall’immagine di un Parlamento che si prende il solito mese di ferie , votiamo martedì o mercoledì prossimo, che fa meno casta. Motivo per cui un manipolo di disperati ieri s’affannava a non dormire durante la discussione generale sul provvedimento: “Effettivamente è un po’ inutile”, ammetteva sconsolato il deputato Touadì (Pd). Il risultato è che i 10 milioni sono assicurati: chiamarla spending review è solo quel tocco di genio che rende la cosa indimenticabile
Il Fatto quotidiano – 4 agosto 2012