Bollette care per gli accordi conclusi senza controllo del Tesoro in media una chiamata da un ufficio pubblico costa il 71% in più Il ministero dell’Interno spende oltre 500 milioni con Telecom e in Brianza la banda larga pesa 30 euro per ogni abitante
FEDERICO FUBINI. SONO anni che in Italia si discute di sprechi, tagli di spesa e commissari per riuscire a farli. In queste settimane però, in vista della Legge di stabilità di ottobre, gli studi sulla questione lasciano il posto ai dettagli operativi. Contratto per contratto di fornitura degli uffici pubblici, per esempio. Solo nella telefonia, non mancano i casi: dal dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno alla Difesa, dai Carabinieri all’Istat, passando per Equitalia, molti appalti spesso tradiscono fatture astronomiche e altre sorprese.
NON è affatto una questione simbolica, affare di pochi euro in più o in meno. Il fatto che tante amministrazioni negozino e concludano da sole i propri contratti di telecomunicazioni comporta sprechi, si stima, per circa un miliardo l’anno: una cifra pari a ciò che il governo otterrebbe intervenendo sulle pensioni sopra i 3.500 euro netti al mese. Se tutte le convenzioni pubbliche per l’uso dei telefoni fissi e mobili e per il traffico dati in rete fossero concluse invece tramite grandi centrali d’appalto capaci di comprare all’ingrosso, il costo sarebbe molto ridotto.
TAGLIO AI COSTI
Il ministero dell’Economia ha notato che nel 2012 (ultimi dati disponibili) il costo al minuto di una chiamata da un ufficio pubblico in media è più basso del 71% quando il contratto telefonico viene concluso da Consip, la grande centrale nazionale degli acquisti controllata dal Tesoro. Un minuto al cellulare mediamente costa invece il 35% in meno e un messaggio di testo addirittura fino al 72% in meno.
Il problema è che, singoli contratti alla mano, spesso questi risparmi non si realizzano perché le amministrazioni fanno da sé. Negoziano e comprano in autonomia, a costi spesso incongrui. Al centro e in periferia. Non si può dire, quanto a questo, che il dicastero dell’Interno abbia dato il buon esempio: nella prima settimana di dicembre, con l’Italia sull’orlo del default e il ministro Anna Maria Cancellieri appena insediata, ha avviato in perfetta solitudine una procedura poi sfociata in una convenzione da ben 521 milioni di euro con Telecom Italia. Il contratto è destinato a “servizi telefonici e di trasmissione dati” della Pubblica sicurezza. Quell’accordo colossale, informa il sito dell’ex Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ora Anticorruzione), è stato concluso con una “procedura negoziata senza previa pubblicazione”. Ce n’è abbastanza da aver attratto l’attenzione della Corte dei Conti, che avrebbe aperto un vero e proprio contenzioso con il Viminale (in via ufficiale non confermato né smentito) sulla regolarità della procedura.
GOVERNO, AUTORITÀ, ENTI LOCALI
Quello della Pubblica sicurezza è senz’altro il caso più vistoso, non però l’unico. Esiste una lista di un’ottantina di contratti di telecomunicazioni da circa 100 milioni di euro in totale che sta attirando l’attenzione su ministeri, comuni, province, regioni, Camere di commercio, Inail e agenzie o autorità dello Stato. Non è sfuggito per esempio come il ministero della Difesa a settembre 2012 – altro momento drammatico per le finanze del Paese – si sia attivato per elargire un contratto di telecomunicazioni da 19,9 milioni di euro. Qui la stazione appaltante è la Direzione generale impianti e mezzi di difesa aerea e telecomunicazioni: fosse stata la Consip, forse la fattura finale per il contribuente non sarebbe stata così elevata. E le amministrazioni avrebbero dato il segnale che capivano l’angoscia dei cittadini per il debito pubblico e il peso dell’austerità. Del resto sempre nel 2012, a giugno, una stazione appaltante chiamata “ministero della Difesa – Comando generale arma dei Carabinieri” avvia “senza previa pubblicazione” una procedura per un appalto a Telecom Italia per la gestione del servizio telefonico. Importo finale, 2,2 milioni di euro.
LE ANTENNE PER INTERNET
Notevole anche il contratto da 8,7 milioni che sempre nel 2012 la provincia di Catania conclude con Fastweb e Mandarin Wimax Sicilia Spa per una rete di interconnessioni delle proprie sedi e delle scuole. Ma gli enti locali del Sud non si distinguono da quelli del Nord per il peso finanziario dei loro accordi telefonici. C’è l’appalto da 1,9 milioni di euro (di nuovo assegnato “senza previa pubblicazione”) dall’Azienda regionale Emergenza Urgenza della Lombardia per l’“infrastruttura tecnologica del call center”. Ce n’è un altro da 1,1 milione per due anni della provincia di Milano, ancora una volta senza pubblicazione preliminare dell’appalto, per “assistenza integrata ai sistemi di telefonia fissa”.
Non mancano poi i casi quasi folcloristici. Besana in Brianza, 15.500 abitanti, nel 2013 riesce a impegnarsi a pagare a Fastweb 451 mila euro per “servizi di comunicazione e connettività in fibra ottica” per gli edifici del comune. Potrebbe passare alla storia come la banda larga più cara della storia, dato che il contratto costa quasi 30 euro per abitante.
TASSE E STATISTICHE
Colpiscono però di più le scelte di altre amministrazioni centrali collocate sotto il ministero dell’Economia o molto vicine alle sue preoccupazioni per i conti. Anche loro fanno a meno dell’aiuto della Consip nell’ottenere le forniture, malgrado sia anch’essa una controllata del Tesoro. Gli sprechi e la confusione negli appalti arrivano vicino al cuore finanziario dello Stato. E’ il caso di Equitalia, che con la sua stazione appaltante “Equitalia Sud Spa”, all’apice della crisi finanziaria nel luglio del 2012, decide di dare a Telecom Italia 454 mila euro per un contratto di “servizi di telefonia voce e dati, su rete fissa e mobile” negoziando l’appalto, si legge nel sito dell’Autorità anticorruzione, “senza previa indizione della gara”. Ed è il caso dell’Istat che, di nuovo in pieno marasma finanziario dello Stato nel 2012 – e di nuovo “senza previa pubblicazione” – affida in perfetta autonomia un contratto da 1,8 milioni di euro per il call center del suo censimento: presidente dell’istituto era Enrico Giovannini, poi ministro del Lavoro.
Nessuno di questi è un segreto. Tutti i dati sono pubblici, nascosti fra decine di migliaia di appalti sul sito dell’ex Autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Alcune delle procedure di appalto in autonomia sono probabilmente giustificate, ma le stime del Tesoro non lasciano scampo: mostrano che, spesso, anche al cuore dello Stato è mancato il senso di responsabilità per i sacrifici chiesti ai cittadini e il rispetto delle procedure nell’affidare gli appalti. La lista dei maxi-contratti è lunga. L’attesa in vista dei primi, veri tagli di spesa si spera invece breve.
Repubblica – 25 agosto 2014