Paradossalmente uno dei punti forti del programma economico del futuro Governo, vale a dire le semplificazioni amministrative, potrebbe non avere un ministro come titolare. Tra le ipotesi che sembrano prender forza nelle ultime ore c’è infatti quella di costituire alla presidenza del Consiglio una task force per la sburocratizzazione.
Un’unità vera, in cambio del taglio dell’attuale ministero della Pa e delle Semplificazioni e il conferimento della delega al Pubblico impiego a un sottosegretario. Da qui verrebbero sfornati nuovi interventi taglia oneri. E da qui verrebbe monitorata l’attuazione delle misure già varate per garantire vera efficacia e molta informazione sui risultati di “burocrazia zero” assicurati a cittadini e imprese. Di più: la task force potrebbe gestire anche interventi a più ampio raggio come l’estensione del meccanismo dei fabbisogni standard (ora previsto per sanità e trasporti) a tutti i principali centri di spesa, l’avvio della procedura costituzionale di soppressione del Cnel, il taglio di enti inutili, possibili interventi di semplificazione sul fronte della giustizia amministrativa (stop a intoppo Tar-Consiglio di Stato) e della giustizia penale, per la sola parte riguardante attività aziendali. Le nuove misure legislative di semplificazione dovrebbero essere auto-applicative, senza troppi rinvii ad atti amministrativi di attuazione.
L’altro piatto forte da servire in tempi strettissimi, soprattutto a Bruxelles, è l’intervento di spending review. La sfida è titanica: andare oltre i 3 miliardi supplementari immaginati da Enrico Letta per quest’anno in modo da garantirsi risorse per coprire il taglio su Irap (almeno del 10% in un paio d’anni, vale a dire 3 miliardi) e Irpef (le aliquote del 23 e 27%). I tempi sono stretti perché i dati sulla spending (che ieri l’altro il Mef ha detto essere pronti) possono rivelarsi determinanti in sede Ue per ottenere lo scomputo dal disavanzo delle spese per investimenti cofinanziate (valgono lo 0,3-0,4% del Pil). A questa dote e a quella derivante dalle privatizzazioni, con un piano Renzi in continuità con quello già lanciato con l’aggiunta di dismissioni anche di immobili e anche a livello locale di società partecipate, si potrebbe aggiungere una tassazione ulteriore sulle rendite finanziarie, tema tra i più delicati da trattare con gli alleati della coalizione. Tutte le risorse reperibili, oltre a sostenere i tagli fiscali, verrebbero destinate a rafforzare gli incentivi già in campo per le assunzioni degli under 30 e delle donne.
La parte di Jobs act a costo zero partirebbe subito: contratto di inserimento a tutele progressive con gli anni di lavoro e nuovo Codice semplificato della regulation lavoristica, anche con una razionalizzazione dell’attuale ventaglio di contratti esistenti (sono 14). Più dilazionato, per ovvie ragioni di coperture finanziarie, sarebbe invece il completamento della riforma degli ammortizzatori sociali in chiave universalistica, finalizzato all’estensione delle coperture assicurative ai lavoratori ancora esclusi e dei possibili licenziamenti sui primi anni di contratto unico. Altra priorità di cui si parla è un piano straordinario di edilizia scolastica.
Il Sole 24 Ore – 16 febbraio 2014