Si tratta di un documento di fuoco in quanto il governatore Luca Zaia minaccia di non firmare l’accordo Stato-Regioni in materia e quindi – poichè esso richiede il consenso di tutti – di farlo saltare. La missiva è riservata, ma negli ambienti sanitari ne circolano alcuni stralci significativi. Essa affronta uno dei maggiori nodi della sanità veneta e di quella nazionale: l’insufficienza di nuovi medici, in particolare per alcune specializzazioni. I camici bianchi hanno più volte individuato la responsabilità della situazione nell’ “imbuto formativo”: i medici, per diventare tali e lavorare nel Servizio sanitario nazionale, devono frequentare dopo la laurea le Scuole di specializzazione che sono a numero chiuso. Troppo chiuso, però, secondo Università e sigle di categoria che denunciano da tempo la totale insufficienza di dottori rispetto alle esigenze (anche a fronte della massa di pensionamenti in arrivo) e l’aumento di neolaureati disoccupati o costretti ad andare all’estero.
La conferenza Stato-Regioni deve definire il numero di posti nelle Scuole raccogliendo le istanze del territorio: l’incontro dello scorso 10 maggio si è chiuso però con un rinvio perché nessun accordo è stato raggiunto. E, qualche giorno fa, il Miur ha pubblicato il decreto che approva il bando per l’ammissione alle Scuole precisando che per il 2017/2018 i posti coperti con contratti finanziati dallo Stato sono 6.200; ha lasciato invece in bianco il numero dei posti per il triennio 2017-2020.
«Si segnala l’insufficienza di tale numero rispetto al fabbisogno», è un passaggio della lettera di Zaia. Lo scostamento rispetto a quanto chiesto dalle Regioni è pari a 2.300 contratti, la cifra indicata era infatti di 8.569 nuovi medici. Gli effetti? Il governatore li elenca: «Da un lato l’accentuarsi del fenomeno dell’imbuto formativo e dall’altro la carenza di medici specialisti che già oggi si registra per talune specialità». Questioni ben note negli ambienti sanitari ed accademici e infatti la lettera raccoglie gli spunti arrivati anche dai rettori delle Università di Padova e di Verona, nonché dai presidi delle Facoltà di Medicina da mesi mobilitati su tali questioni. Senza contare la preoccupazione più volte manifestata dal direttore generale della Sanità veneta Domenico Mantoan che si trova a dover fare programmazione con un turn-over insostenibile di camici bianchi. Ma cosa chiede il Veneto al neoministro? Non solo l’aumento dei posti nelle Scuole, ma anche l’inserimento nel testo di criteri distributivi in base alle richieste delle Regioni, in proporzione al fabbisogno espresso dal territorio per la singola Scuola presa in considerazione.
Nella lettera, rivelano i medici che ne hanno preso visione, viene altresì sottolineato come per alcune specialità si registri una carenza generalizzata: per esse, pertanto, il fabbisogno presentato dalle Regioni dovrebbe essere interamente soddisfatto.
Laddove invece le necessità risultano inferiori rispetto alle capacità formative della Scuola, tali posti – e le relative risorse finanziarie – dovrebbero essere stornati e girati a favore delle specialità carenti. Fin qui le richieste.
Ma Zaia va oltre: o il governo tratta su questi aspetti, oppure il Veneto non firmerà l’accordo Stato-Regioni sul fabbisogno triennale. Il che vuol dire, di fatto, farlo saltare