L’emendamento annunciato nei giorni scorsi al Ddl sulle sperimentazioni e le professioni (l’omnibus) con cui si puntava a “trasferire” ad Asl e ospedali i medici in formazione specialistica, con un contratto a tempo determinato a carico delle Regioni e non più dalle Università non c’è più.
Lo stop è legato a problemi di copertura finanziaria. È quanto emerge al termine della riunione della commissione Affari Sociali. Secondo quanto si apprende il blocco all’emendamento sarebbe arrivato dalla Ragioneria Generale dello Stato.
«Ad oggi non ci sono le condizioni per presentare l’emendamento», ha speigato il ministro della Salute Ferruccio Fazio. «Dobbiamo verificare problemi di bilancio ma io credo che occorra anche un approfondimento di merito. Verificati questi problemi non è escluso che l’emendamento sia ripresentato».
Così il testo che doveva essere presentato in aula alla Camera dove è stato avviato ieri il dibatti sul Ddl 4274-A «Delega al Governo per il riassetto della normativa in materia di sperimentazione clinica e per la riforma degli ordini delle professioni sanitarie, nonché disposizioni in materia sanitaria», non è mai approdato in assemblea e la materia troverà spazio con molta probabilità in qualche alto provvedimento.
L’emendamento tuttavia aveva già provocato la contrarietà del mondo universitario e di alcune associazioni di specializzandi secondo cui «Le Regioni avrebbero potuto usarlo per evitare di mettere a concorso i posti di dirigente medico».
Di parere opposto e a favore della novità i medici ospedalieri del Ssn.
«La modifica di un sistema formativo medico post laurea da tempo insufficiente, per quantità e qualità, rispetto alle esigenze di un moderno sistema sanitario, proposta dal ministro della Salute Ferruccio Fazio è una occasione da valutare favorevolmente» è stato il commento del segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise.
Secondo Troise una eccessiva durata (11-12 anni), che ritarda l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro a una età in cui in Europa i loro coetanei raggiungono elevati livelli di carriera e la carenza di attività formativa sul campo caratterizzano in Italia la formazione medica post laurea. Con la conseguenza, come denunciano gli stessi specializzandi, di consegnare, tardi, al sistema sanitario un “prodotto grezzo”, cui per altri 5 anni non è possibile conferire incarichi di alta specializzazione o gestionali.
«E’ un segno dei tempi – continua Troise – che chi da anni usa i medici specializzandi come forza lavoro, occulta ed a basso costo, per produrre i volumi di attività che giustificano la esistenza delle strutture universitarie, oggi gridi allo “sfruttamento” da parte degli ospedali. L’obiettivo non deve, certo, essere assicurare mansioni subalterne al servizio sanitario quanto creare le condizioni per un graduale e reale processo di acquisizione “sul campo” di autonomia professionale dei Medici, anticipandone l’ingresso nel mondo del lavoro con vantaggi previdenziali, assistenziali e professionali, e recuperare al sistema sanitario un ruolo formativo che integri e non sostituisca quello universitario, senza pregiudicare la possibilità di inserimento di personale attualmente precario evitando fenomeni di dumping sul costo. In un mondo che cambia la sfida è per tutti e la conservazione non salva né gli ospedali né le facoltà. Il cambiamento – ha concluso – non solo è necessario, ma anche urgente e continuare a rifiutarlo vuol dire aggravare una malattia che rischia di essere mortale sia per il sistema formativo che quello assistenziale».
Al contrario, secondo Massimo Cozza, segretario della Fp Cgil medici, «lo stop all’emendamento è una buona notizia».
«Lo specializzando – spiega Cozza – ha bisogno di una formazione di qualità, da attivare anche negli ospedali pubblici, ma questa formazione non è conciliabile con il suo inserimento nelle attività ordinarie e nei turni di guardia per coprire, a basso costo, i vuoti d’organico conseguenti al blocco del turn over. Questa norma avrebbe rappresentato anche una beffa occupazionale non solo per gli 8mila medici precari, ma per gli stessi specializzandi che avrebbero così coperto circa 10mila posti negli ospedali che non sarebbero stati più messi a concorso. C’è bisogno di un provvedimento complessivo che inserisca a pieno titolo l’ospedale e i servizi territoriali nella rete formativa e consenta la necessaria formazione di qualità sul campo per gli specializzandi, prevedendo per i dirigenti medici i riconoscimenti professionali ed economici per l’attività di docenza e tutoraggio, assenti nelle bozze di emendamento. Adesso il Ministro Fazio apra un tavolo di confronto con tutti gli attori interessati per arrivare ad una proposta appropriata per un vero ospedale pubblico d’insegnamento e non di sfruttamento».
sanita.ilsole24ore.com – 20 settembre 2011