Corriere del Veneto. Gli specializzandi «vedono di buon occhio» la decisione del Consiglio dei ministri di impugnare davanti alla Corte Costituzionale due passaggi della legge regionale del 25 novembre 2019 (il collegato alla legge di stabilità 2020). Giudicati in contrasto con la normativa statale e il principio costituzionale di uguaglianza sono ritenuti il comma che obbliga lo specializzando titolare di una borsa di studio finanziata dalla Regione a partecipare ai concorsi banditi in Veneto nei 5 anni successivi e, se superati, a prestarvi servizio per almeno 3 anni; e l’articolo che equipara a quelli del personale delle altre aziende sanitarie venete gli stipendi dei dipendenti dell’Azienda ospedaliera di Padova, finora i più bassi del Sistema sanitario regionale. «La scelta di Palazzo Balbi è arbitraria e noi non l’approviamo — spiega Mirko Claus, in formazione a Padova e presidente nazionale di Federspecializzandi —. È una questione di principio: se ogni Regione impone vincoli propri, il medico non è più libero di scegliere quale carriera intraprendere. È giusto che un camice bianco sia messo nelle condizioni di poter optare anche per soluzioni alternative alla permanenza sul territorio nel quale si è formato, andando a lavorare nel resto d’Italia, all’estero o nel privato».
Quanto al «debito di riconoscenza» nei confronti di un Veneto che paga di tasca propria, con 9,7 milioni di euro, 90 borse di studio aggiuntive rispetto alle 564 finanziate dallo Stato, Claus ricorda: «Già durante il tirocinio gli specializzandi prestano servizio in corsia 38 ore a settimana. E comunque costringendoci per esempio a operare in un contesto poco stimolante,come il piccolo ospedale a bassa casistica, si scoraggia la crescita professionale, invece di incentivarla. E poi ci lascia perplessi la sanzione, pari al 15% della borsa per ogni anno dei tre previsti non svolto nel servizio pubblico regionale, e che arriva al 50% dell’assegno di studio se si lascia il corso mentre ci si sta specializzando. È in contrasto con la legge statale — avverte il presidente di Federspecializzandi — che prevede, in caso di interruzione anticipata degli studi, il diritto di percepire la retribuzione maturata fino a quel momento».
Questo sul versante tecnico. Ma l’impressione emersa tra i corridoi di Palazzo Balbi, è che l’azione del governo sia di stampo politico. E rappresenti l’ennesimo capitolo di una serie di impugnazioni che negli ultimi anni ha acceso un vero braccio di ferro Roma-Venezia. Per di più in questo caso la decisione parrebbe più «sofferta»: sembrerebbe infatti maturata dal ministero della Salute, che però non avrebbe trovato l’appoggio del dicastero dell’Economia e si sarebbe addirittura scontrato con il «no» di quello alla funzione pubblica. «Escludo possa trattarsi di un caso politico — frena però Giovanni Endrizzi (M5S), componente della commissione Sanità al Senato —. Se così fosse, dopo l’affronto di Matteo Salvini il governo avrebbe potuto stoppare la partita sull’autonomia, che invece procede, e anche a passi spediti». È d’accordo l’onorevole Roger De Menech (Pd): «Le impugnazioni vertono solo sul profilo giuridico, non politico. Il governo ha impugnato diverse leggi del Veneto anche quando era ministro Erika Stefani. È vero, piuttosto, che Palazzo Balbi cambia il modo di esprimersi a seconda dell’esecutivo in carica a Palazzo Chigi. Bisogna lavorare con serenità, non si fa politica con i ricorsi».
Tra l’altro il Pd in Regione, come il resto dell’opposizione, ha votato a favore del vincolo dei tre anni. Lo ricorda il consigliere Claudio Sinigaglia, che fa parte della commissione Sanità: «Visto che le borse di studio le paga il Veneto, è giusto che i medici restino a lavorare qui almeno per i primi anni. Domani chiederò all’avvocatura regionale cosa può aver motivato l’impugnazione, magari il modo in cui la legge è stata scritta».
Da Palazzo Balbi dopo la voce del governatore Luca Zaia («ci opporremo in tutte le sedi»,) arriva quella di Roberto Marcato, assessore all’Economia: «I numeri dicono che il nostro Servizio sanitario è uno dei migliori, quindi non va toccato, ma promosso e sostenuto. E invece viene bocciato un provvedimento che aiuterebbe proprio a progredire una realtà già funzionante. È vergognoso».