Il sequestro di una mostra faunistica itinerante è confermato alla luce del quadro desolante relativo alle condizioni in cui gli animali erano costretti a sopravvivere. All’uomo che ha la responsabilità della mostra è stato contestato il reato di abbandono di animali (Cassazione, sentenza 43504/12).
Gli animali erano collocati in spazi ristretti, poca luce, né cibo né acqua, e in gabbie, ma hanno una dignità, che va tutelata pienamente. Assolutamente legittimo, quindi, ‘bloccare’ l’abominio di un circo che è una tortura per gli animali che ne dovrebbero essere i protagonisti. Il sequestro degli animali e delle strutture, impiegati da un uomo per una (presunta) mostra faunistica itinerante, è il provvedimento adottato dal Giudice per le indagini preliminari e confermato dal Tribunale. Gli animali avevano ormai «movimenti stereotipati e atteggiamenti ansiosi», erano tenuti in situazioni assolutamente «inadeguate rispetto alle loro caratteristiche ecologiche ed etologiche». All’uomo è stato contestato il reato di abbandono di animali per averli tenuti in «condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze». Nonostante il ricorso dell’interessato in Cassazione per farsi restituire animali e attrezzature e affermando che la maggior parte degli animali «risultava in buono stato, ben nutrita, adeguatamente mantenuta» e che la «mancanza di cibo e acqua» riscontrata era dovuta al fatto che «nel momento in cui era eseguita l’ispezione, gli addetti alla cura degli animali stavano provvedendo alla pulizia quotidiana dei contenitori del cibo e dell’acqua», i giudici della Suprema Corte hanno confermato la solidità del quadro probatorio – alla luce dell’ispezione compiuta dagli uomini del Corpo forestale dello Stato e dell’accertamento veterinario compiuto da tre esperti – su cui si è fondato il provvedimento di sequestro, ossia l’evidenza degli «stati patologici degli animali, produttivi di gravi sofferenze» e soprattutto «determinati dalle cattive condizioni di detenzione e mantenimento». A mo’ di esempio viene ricordato: «lo spazio di affaccio delle gabbie si presentava totalmente chiuso, con la conseguenza che gli animali si trovavano al buio»; «le luci al neon illuminavano in modo inidoneo la struttura»; «la temperatura interna era destramente bassa, nonostante la presenza di specie tropicali»; gli spazi «erano ristretti e insufficienti per esercitare i movimenti più semplici». In molte gabbie c’erano persino «deiezioni o residui alimentari».
Fonte: www.dirittoegiustizia.it – 13 gennaio 2013