Pier Paolo Baretta era già a Roma, Gianclaudio Bressa è partito dall’Alto Adige mezzo influenzato, Barbara Degani si è messa in viaggio di buon mattino perché il cerimoniale aveva avuto la cortesia di avvisarla ancora mercoledì pomeriggio. Così ieri sera si sono fatti trovare puntuali, al giuramento a Palazzo Chigi, tutti e tre i sottosegretari veneti del governo Gentiloni: riconferme per il dem veneziano (Economia) e la centrista padovana (Ambiente), con una promozione per il dem bellunese-bolzanino (Affari Regionali, ma incardinati nella Presidenza del Consiglio, dove questa volta riferirà direttamente al premier).
Ribadito anche il gran rifiuto del veneziano leader di Scelta Civica, viceministro all’Economia con Matteo Renzi: «Rispetto la decisione di Enrico Zanetti, al quale avrei proposto la conferma», ha infatti detto il nuovo presidente Paolo Gentiloni.
L’assottigliamento della delegazione nostrana a «due veneti e mezzo», come sottolinea qualcuno rimarcando la residenza sudtirolese di Bressa, non va giù ad Alberto Baban, vicepresidente nazionale di Confindustria e numero uno della Piccola Industria: «Da parte mia nessuna valutazione politica o sulle persone, ma credo si ponga una seria questione di rappresentanza. Com’è possibile che ad una regione economicamente importante qual è il Veneto venga dedicata così poca attenzione? Su questo noi imprenditori proporremo una profonda riflessione». Uno stimolo che arriva già nella Capitale. «Il tema della rappresentanza del Veneto nell’esecutivo è molto importante — riconosce Baretta — per questo mi raccorderò con i colleghi per portare avanti le istanze di questo territorio anche al di là delle nostre competenze. Penso alle infrastrutture, come la Pedemontana, il Mose, l’Alta Velocità, o alle questioni riguardanti il sociale, i giovani, le imprese da sostenere».
Al di là di questo tentativo di lobby territoriale, ciascun sottosegretario dovrà poi riaprire i propri dossier. In attesa della conferma delle deleghe precedenti, Baretta pensa di ripartire dalle banche: «Bisogna portare a compimento la transizione delle ex Popolari verso i piani di rilancio ed eventualmente di fusione, ma anche seguire i processi di aggregazione delle Bcc e pensare ad un sistema regionale delle fondazioni bancarie». Degani ha preparato due elenchi: «Da una parte le “patologie”, come rischio idrogeologico, Pfas, discariche, Porto Marghera. Dall’altra le cose belle, come Parco delle Dolomiti, Delta del Po, educazione ambientale, buone pratiche di Arpav da estendere alle agenzie delle altre Regioni».
Si amplia il perimetro di Bressa, che si occuperà pure di Minoranze linguistiche e Autonomie speciali: «Al primo posto della mia agenda resta la richiesta di autonomia del Veneto. Chiedo a Luca Zaia di avviare la trattativa, rinunciando ad un referendum che sarebbe solo uno spreco di 14 milioni per un’operazione di propaganda». Ma il governatore non ci pensa proprio: «Bressa sa bene che avremmo risparmiato quei soldi se il suo governo ci avesse permesso l’election day, invece ci ha pure impugnato la legge istitutiva, poi ammessa dalla Consulta. Quindi andiamo avanti».
Il Corriere del Veneto – 30 dicembre 2016