I conigli lo apprezzavano molto quel tipo di mangime. Per la legge, però, era prodotto attraverso una violazione: l’utilizzo di soia geneticamente modificata. Per questo motivo il titolare di un mangimificio è finito sotto processo, difeso dall’avvocato Enrico Marconi. Anzi. È meglio specificare. Il reato non consiste nell’utilizzo di organismi geneticamente modificati, ma nel non averne indicato la presenza sull’etichetta della confezione. L’alterazione era emersa nel corso dei controlli periodici effettuati dal personale sanitario dell’Asl 2. Nel mangimificio in questione, alla periferia di Perugia, si producono mangimi per bovini, ovini e conigli. I veterinari dell’Asl, nel corso del 2006, hanno effettuato cinque controlli con prelievi a campione di mangime. Verifiche di routine, visto che l’azienda ha anche il sistema di autocontrollo della qualità. Come ha spiegato uno dei veterinari che effettuò i sopralluoghi, le verifiche vengono fatte in determinati periodi dell’anno, legate alla possibile insorgenza di funghi tra i prodotti della lavorazione. Dalle verifiche di quell’anno non erano emerse criticità o irregolarità. Tra le materie prime, però, c’erano anche alimenti provenienti da coltivazioni geneticamente modificate. La legge non lo vieta e la percentuale della quantità consentita era anche nella norma. L’irregolarità è scattata quando sono stati verificati i sacchi di mangime per conigli. Sacchi (prodotti disponibili in tutti i formati da 5 a 50 chilogrammi, nonchè sfusicome farine, pellet, sbriciolati, fioccati destinati all’alimentazione per tutte le fasi di vita di bovini da carne, da latte, ovini e caprini, suini, conigli, avicoli, selvaggina, cavalli animali da cortile, uccelli e cani) di una linea di prodotti per alimenti ad alta energia per l’a c c r e s c imento e l’ingrasso rapido dei conigli. La soia utilizzata, infatti, era “ogm”, ma sulle confezioni di mangime non era riportato alcunché. Da qui la violazione amministrativa e penale che ha portato il titolare direttamente in tribunale davanti al giudice monocratico. Secondo alcune associazioni contrarie agli alimenti “ogm” la soia di questo tipo tende a far aumentare la mortalità degli animali ai quali viene somministrata e tendono a non riprodursi.
Giornale dell’Umbria
23 novembre 2010