L’obiettivo dichiarato è mantenere l’universalità del Ssn, con adeguati livelli di assistenza. Ma per farlo bisogna rimettere mano a tutto. Dai Piani di rientro, all’assistenza ospedaliera e territoriale. Non dimenticando le politiche del personale, i ticket e gli investimenti. Ecco l’agenda delle Regioni che sarà illustrata prossimamente in Parlamento. Il documento
In vista delle prossime audizioni in Parlamento nelle due Commissioni del Senato e della Camera dedicate alla sostenibilità del Ssn, la Conferenza delle regioni ha anticipato le sue osservazioni contenute in un documento approvato ieri dalla Conferenza dei Presidenti.
L’obiettivo primario per le Regioni è quello di “Garantire adeguati livelli di assistenza sanitaria tenendo delle risorse finanziarie, è l’impegno che le Regioni e le Province autonome quotidianamente mettono in campo nei loro territori”.
Ma per farlo, sostengono “si ritiene però indispensabile riuscire a garantire l’universalità e la sostenibilità del SSN.
Due asset che necessitano tuttavia una serie di chiarimenti su “alcune questioni importanti che – scrivono le Regioni – bisogna sottolineare per comprendere come ciò che è oggetto dell’indagine possa realizzarsi dipende dalla concatenazione di più elementi di natura diversa tra di loro, ma che insieme determinano l’erogazione delle prestazioni sanitarie e socio sanitarie ai cittadini italiani”.
I punti sono questi:
– Patto della Salute
– Edilizia sanitaria e gli investimenti
– Costi standard
– Compartecipazione della spesa
– Piani di rientro
– Lea e Liveas
– Assistenza ospedaliera e territoriale
– Gestione e sviluppo del personale
– Sistema di controllo e certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie
Vediamo quindi punto per punto cosa dicono le Regioni.
Universalità del SSN
Le caratteristiche proprie del Servizio Sanitario Nazionale come la responsabilità pubblica della tutela della salute, l’universalità/equità di accesso ai servizi sanitari e il finanziamento pubblico proveniente dalla fiscalità generale, devono essere confermate.
Negli ultimi anni le diverse manovre di finanza pubblica che sono intervenute hanno determinato per l’anno 2013, e per la prima volta, una riduzione rispetto all’anno precedente delle risorse assegnate per il Fondo Sanitario Nazionale (meno 1 miliardo di €), mutando il concetto di universalità come fino ad ora conosciuto.
Pertanto, al fine di continuare a consentire alle persone di accedere ai servizi di cui hanno bisogno senza incorrere in gravi problemi economici, la prima considerazione che bisogna portare all’attenzione del Parlamento è la necessità di evitare che la crisi economica che stiamo vivendo possa far venir meno la natura propria di universalità e solidarietà del Servizio Sanitario Nazionale.
Sostenibilità del SSN
Le ultime manovre finanziarie hanno agito profondamente sul fabbisogno finanziario del sistema sanitario vanificando quanto stabilito dal Patto per la Salute (2010-2012) e generando indiscutibili effetti sull’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza che le Regioni devono comunque garantire.
La contrazione delle risorse così definite (31 miliardi di tagli dal 2010 al 2015 considerando il complesso delle manovre) pone come primo problema da affrontare nella discussione quello dell’entità del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale.
Inoltre, le Regioni ritengono non sostenibile per i cittadini e per il sistema l’introduzione di 2 miliardi di € di ticket che dovrebbero entrare in vigore dal 2014 e sui quali, comunque, si è registrata ultimamente un’importante apertura da parte del Governo.
Si dovrà, quindi, prevedere un adeguato finanziamento per garantire la sostenibilità dell’attuale sistema pubblico, pregiudicato dalle ultime manovre al fine di evitare uno scenario che prefigurerebbe un autentico “stato di default” dell’intero Servizio Sanitario Nazionale.
Patto della Salute
Il prossimo Patto per la Salute dovrà avere come obiettivo prioritario promuovere un’assunzione di responsabilità di Governo e Regioni nell’individuare strumenti innovativi che garantiscano un futuro certo al SSN, seppur in una congiuntura economica difficile.
Le Regioni, infatti, ritengono fondamentale continuare a garantire, con le misure che saranno previste nel prossimo Patto, l’universalità del Servizio Sanitario Nazionale che deve assicurare i livelli essenziali di assistenza (LEA) in modo appropriato e uniforme su tutto il territorio nazionale.
Edilizia sanitaria ed investimenti
Per le Regioni non è più rinviabile il tema del finanziamento degli investimenti per l’ammodernamento strutturale e tecnologico per cui è necessario individuare un piano di investimenti caratterizzato da assegnazione e messa a disposizione di risorse certe, che consentano di avviare quei necessari programmi di realizzazione della rete di servizi, in grado di ottimizzare la gestione degli stessi con particolare attenzione agli interventi di messa in sicurezza degli immobili.
Costi standard
Il percorso che si riferisce alla definizione dei costi standard in sanità deve proseguire confermando e migliorando il modello istituzionale previsto dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Il D. Lgs. n. 68/2011 aveva, infatti, previsto che a decorrere dal 2013 la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standard per le Regioni a statuto ordinario nel settore sanitario avrebbe portato ad un graduale e definitivo superamento dei criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale fin qui utilizzati.
Sul DPCM che prevede i criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza, per la scelta delle Regioni di riferimento ai fini della determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali nel settore sanitario, in sede di Conferenza Stato – Regioni del 22 novembre 2012 è stata registrata la mancata intesa, non essendo stato accolto il criterio della rappresentatività per appartenenza geografica. Rimangono da individuare le tre Regioni di riferimento, scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque indicate dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale sulla base dei criteri definiti nel DPCM.
Revisione compartecipazione della spesa
L’attuale congiuntura economica potrà rendere necessaria una revisione del sistema di compartecipazione della spesa sanitaria, senza gravare ulteriormente sui cittadini, che, però, dovrà svilupparsi sulla base di principi equi e sostenibili correlati alle patologie, alle situazioni caratterizzate da maggiore complessità oltre che dell’innalzamento della durata media della vita.
Piani di rientro
Il tema dei piani di rientro dovrà essere affrontato quanto prima recuperando la progettualità persa in questi anni. Infatti, finora il risanamento è stato solo economico ed è derivato dall’aumento di aliquote e ticket senza riuscire ad incidere sui livelli delle prestazioni da erogare, non risolvendo i nodi strutturali ancora esistenti.
Si evidenzia, quindi, come un miglioramento dal punto di vista economico-finanziario non abbia prodotto un eguale risultato dal punto di vista dei servizi erogati e dell’assistenza. È necessario, pertanto, riequilibrare questi aspetti.
In particolare, in merito ai piani di rientro, che potrebbero essere meglio denominati come “Piani di riorganizzazione e di riqualificazione dei sistemi sanitari che comportano il rientro dal deficit”, le Regioni hanno individuato alcuni aspetti che devono essere modificati e migliorati come di seguito riportato:
– è opportuno legare le procedure di verifica degli obiettivi delle Regioni in piano di rientro al miglioramento complessivo dell’attività assistenziale ed offrire percorsi certi ai procedimenti di validazione degli atti regionali ad opera del tavolo di verifica degli adempimenti;
– il perdurare del blocco del turn-over, solo parzialmente superato dalla legge 189/2012 e la necessità di assicurare i LEA, rende indifferibile una diversa regolamentazione delle politiche di reclutamento del personale nei SSR delle Regioni in piano di rientro.
Per quanto riguarda le gestioni commissariali, pare opportuno rafforzarne il ruolo e i poteri, anche per una più idonea eventuale difesa davanti al TAR, procedendo, per esempio, a nomina e mandati con DPCM: in particolare deve essere chiarito meglio che cosa succede in caso di mancato adeguamento degli organi collegiali alle indicazioni del Commissario.
Lea e Liveas
La rivisitazione e l’aggiornamento delle prestazioni indicate dal Dpcm del novembre del 2001 sui Lea dopo più di 10 anni dalla loro entrata in vigore rappresenta un altro argomento importante di discussione così come l’assenza della definizione del Liveas rappresenta un elemento mancante per una completa integrazione socio-sanitaria delle prestazioni nei territori e per una più puntuale definizione/ripartizione dei costi tra sanità e sociale, anche in ottica di un rifinanziamento del fondo per la non autosufficienza.
Assistenza ospedaliera e territoriale
Si ritiene importante poter approfondire due importanti aspetti che sono fortemente correlati tra di loro come le cure primarie e l’assistenza ospedaliera. È quanto mai necessario pensare ad una rivisitazione complessiva dell’assistenza territoriale che non si fermi, però, all’applicazione dell’art. 1 della legge n. 189/2012 e che sia in grado di accompagnare una diversa e moderna programmazione regionale dell’assistenza ospedaliera.
Gestione e sviluppo del personale
Le politiche della gestione e dello sviluppo del personale dovranno avere come indirizzo prioritario la valorizzazione di tutte le professioni sanitarie, al fine di attuare, anche con forme e strumenti nuovi, i processi di riorganizzazione, riconversione e riqualificazione che le Regioni stanno attuando pur con le difficoltà dovute al blocco della contrattazione non solo della parte economica, ma anche di quella normativa.
Sistema di controllo e certificazione dei bilanci delle aziende sanitarie
A seguito delle innovazioni introdotte dal d. lgs.118/2011 si evidenzia, al fine di dare piena ed uniforme applicazione a quanto previsto dal Titolo II del Decreto Legislativo 118/2011, che le Regioni denunciano la difficoltà di dare piena attuazione a quanto disposto dalla norma stessa.
In particolare, si segnala:
– appare oltremodo penalizzante l’obbligo di contabilizzare gli investimenti effettuati con risorse correnti, nello stesso esercizio finanziario in cui sono stati acquisiti, soprattutto per le realtà regionali che necessitano, con maggiore urgenza, di un ammodernamento immobiliare e tecnologico. Si consideri, inoltre, che il fondo per gli investimenti in sanità è praticamente azzerato; chi vuole fare investimenti può, pertanto, utilizzare solamente le risorse provenienti dal FSN o da risorse proprie regionali.
– la predetta normativa ha innalzato le aliquote di ammortamento delle diverse categorie di beni (cespiti) comportando in tale modo un repentino appesantimento della costosità delle diverse aziende.
– l’applicazione delle disposizioni del dlgs118/2011 prevede l’emanazione di una serie di decreti ministeriali attuativi di tali disposizioni. Si segnala che, tra quelli non adottati, rientrano anche i decreti relativi alla determinazione dei criteri di consolidamento e quindi delle regole che saranno assunte dal “Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti”per la determinazione dell’equilibrio di gestione del consolidato regionale della sanità. E’ ben comprensibile come tale ritardo lasci le amministrazioni regionali nell’incertezza anche in relazione alle in relazione alle prossime scadenze.
26 luglio 2013 – Quotidiano sanita