La legislazione ai tempi del Covid stabilisce che in ambito sanitario la vaccinazione è requisito essenziale per lo svolgimento dclla prcstazione lavorativa e per l’esercizio della professione: rifiutare l’antivirale (in assenza di accertati pericoli per la salute) comporta la sospensione dalle mansioni che implicano contatti interpersonali, con conseguenze in termini di retribuzione e carriera. E la prospettiva che incombe su quasi 19 mila camici bianchi del Veneto, concentrati soprattutto a Padova, Verona e Treviso. Un ventaglio ampio e – fin qui almeno – irriducibile, che si estende un po’ a tutte le figure impegnate nell’attività di assistenza e cura: medici (2574), infermieri (4480), operatori socio-sanitari (540); farmacisti (891), veterinari (328) e ostetriche (289); biologi (300), chimici e fisici (75), psicologi (1768), tecnici specializzati (1912). Intercettati dai controlli aziendali, parecchi tra loro sono destinatari di lettere di sospensione.
IL RUOLO DEI DIRETTORI DELLE ULSS Fin qui Luca Zaia ha congelatole sanzioni («Attendo chiarimenti a livello nazionale, inutile riempire i tribunali di scartoffie»), ora però in ambito regionale si profila un giro di vite. «Il Veneto applicherà la legge vigente senza accanimento ma con serietà», fa sapere l’assessore Manuela Lanzarin «saranno i datori di lavoro, cioè le Ulss, attraverso i direttori generali, a verificare il rispetto dell’obbligo vaccinale comminando le sanzioni previste in caso di inadempienza. La volontà è quella del dialogo e del confronto, con un limite invalicabile però: la tutela del paziente». Parole pronunciate a conclusione della riunione straordinaria della commissione salute delle Regioni, sollecitata personalmente dal governatore di Palazzo Balbi allo scopo di definire una linea omogenea e condivisa” in materia di camici bianchi obiettori. «Dagli interventi è emersa una mappa frammentata, a macchia di leopardo direi», è il commento di Lanzarin «al momento, procedure di sospensione del personale non vaccinato vengono segnalate in Veneto, Emilia Romagna, Liguria, e in queste ultime realtà sono in atto ricorsi legali con i giudici chiamati ad esprimersi nel merito. Com’è ovvio, guardiamo con attenzione all’evolversi dei contenziosi».
ORDINI PROFESSIONALI Facile prevedere ulteriori falle in un sistema già afflitto da scarsità di personale… «A preoccuparci, in particolare, sono la medicina territoriale e le case di riposo, da tempo insofferenza ed esposte al rischio di un’interruzione del servizio. Rivolgo un appello rispettoso agli operatoti e ai professionisti affinché accolgano la nostra proposta vaccinale, Fusata dalla pandemia richiede il concorso di tutti, non è il momento di erigere barriere ideologiche». Fin qui l’assessore, autore di un annuncio che suonerà gradito a quanti – dagli ordini delle professioni sanitarie all’opposizione politico-sindacale – avevano contestato l’eccessiva “prudenza” di Zaia, sollecitandolo a procedere con maggiore decisione nei confronti dei “ribelli”. Nei fatti, aldilà del gioco della parti, fi governatore non dispone di significativi margini di manovra nell’applicazione di norme approvate dal Parlamento né tantomeno i manager pubblici chiamati, materialmente, ad assumere i provvedimenti disciplinari. L’incognita semmai investe le conseguenze del braccio di ferro innescato nel circuito sanitario, sopratutto se le sanzioni correlate all’obbligo vaccinale (il riferimento è alla legge d’emergenza 76/2021) saranno prorogate oltre il 31 dicembre. Ma questa, è un’altra storia.
Il Mattino di Padova