Nei giorni dell’emergenza smog, le cronache continuano a riportare notizie anche sul grave stato dei corsi d’acqua del Veneto. Il rapporto sullo Stato delle acque superficiali dell’Arpav per il 2014 segnala infatti forti criticità. Il Giornale di Vicenza ha dedicato un approfondimento allo stato dei fiumi della zona. La qualità di corsi d’acqua come il Bacchiglione e il Retrone viene definita scadente, a causa delle alte concentrazioni di batteri e degli inquinanti chimici. Per il Bacchiglione l’Agenzia veneta per l’ambiente rileva: “Brutti voti a causa dell’insufficiente qualità delle sue comunità animali e vegetali”. Quanto al Retrone raccoglie lungo il suo corso gli scarichi del depuratore e della zona industriale. Presenti cadmio e nichel oltre alle ormai celebri sostanze perfluoalchiliche. La falda contaminata sembra si stia allargando e la barriera antifloruri non pare avere molta efficacia. Da ricordare che la contaminazione oltre che il Vicentino interessa anche le province di Verona e Padova.
Continua nel frattempo il biomonitoraggio dei residenti per completare i campionamenti dell’Ulss 5, con i previsti esami del sangue. L’Istituto superiore di sanità richiede un numero di campionamenti per fasce d’età che l’azienda sanitaria ha difficoltà a fornire per quanto riguarda i giovani. L’indagine prevedeva di sottoporre al prelievo di sangue 144 cittadini, metà maschi e metà femmine residenti nei 4 comuni da almeno dieci anni, di tre fasce d’età: 20-29 anni, 30-39 e 40-49. Ma i campionamenti inviati finora all’Istituto Superiore della Sanità dall’unità socio-sanitaria arzignanese sono stati 113. E quindi ora vanno completati con la trentina mancante. Si ripartirà da gennaio.
E sempre a gennaio partirà la “fase 2” che prevede di sottoporre al prelievo un campione di persone tra quelle che hanno utilizzato acqua da pozzi privati con valori anomali di perfluoro alchilici. Al termine, così come per i campionamenti sulle matrici alimentari già terminati, sarà l’Iss a fare le doverose valutazioni dei valori riscontrati.
Intanto la sezione di Vicenza dell’Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia onlus – ha promosso un’indagine epidemiologica sulle malattie da inquinanti ambientali in Veneto
Sos Bacchiglione. Chi beve l’acqua finisce in ospedale. I dati dell’Arpav che misurano lo stato di salute del fiume: «La qualità a Vicenza da anni è scadente»
Alessandro Mognon, dal Giornale di Vicenza. L’ultimo episodio qualche settimana fa, con 12 persone finite in ospedale dopo aver mangiato pesce del Bacchiglione. Prima si erano ammalati anche due ragazzini caduti nel fiume. Senza contare quel centinaio di residenti in zona Stadio avvelenati nel 2002 dall’acqua del fiume finita per errore nella rete idrica pubblica tramite l’impianto di irrigazione del Menti. Così se la domanda è posso bere un bicchiere di acqua del Bacchiglione, la risposta è facile: no. Perché le probabilità di finire all’ospedale con un’infezione intestinale è decisamente alta. Se invece volete sapere cosa c’è dentro un bicchiere d’acqua del Bacchiglione mentre passa da Vicenza, è un po’ più complicato. Ma si può partire dalla classifica finale del rapporto sullo Stato delle acque superficiali del Veneto dell’Arpav per il 2014. Che giudica la salute del Bacchiglione “scarsa”.
Da molti anni a questa parte. Stabilire cosa c’è dentro l’acqua di un fiume non è semplice, si diceva. Perché le variabili sono molte: un’analisi cambia se il fiume è in piena o in secca, se è inverno o estate, se la fai a monte o a valle di una città o di una zona molto abitata o industrializzata, se la fai prima o dopo la confluenza di un altro corso d’acqua. In tutto dai confini con il Trentino a Padova sono 38 le stazioni di rilevamento dell’acqua. Due quelle di Vicenza città: la 95 all’altezza di viale Diaz, la 1024 a Borgo Berga subito dopo la confluenza con il Retroné.
Come funzionano le analisi? «Usiamo degli indicatori di legge – spiega Francesca Ragusa dell’Osservatorio acque interne dell’Arpav -, e in base a questi prepariamo le tabelle. Facciamo delle analisi del rischio, un po’ come fa un medico quando visita un paziente. E cioè se è un fumatore, se è sovrappeso, ecc. Per un fiume guardiamo se ci sono zone agricole, che tipo di scarichi ci sono, se passa da aree industriali, città. Poi giudichiamo il livello di salute: elevato, buono, sufficiente, scarso o cattivo». E allora vediamo cosa dice il dottore con le analisi del Bacchiglione. Con due premesse banali: l’acqua è più pulita vicino alla sorgente e si “sporca” man mano che scende. Quindi alla fine quella che hai è una media. Ad esempio il fiume che esce da Vicenza con un giudizio sufficiente a Padova diventa scarso vicino a pessimo.
Seconda nota: il 2014 è stato un anno molto piovoso. «Uno degli indicatori che usiamo è quello delle comunità biologiche presenti nel bacino – dice sempre Ragusa -. Insomma l’insieme degli esseri viventi di quel fiume, a parte i pesci che noi come Arpav non valutiamo. Ma ci sono diatomee, macrofiti, macroinvertebrati». Traduzione: alghe e piccoli molluschi, come i gamberetti sul fondo del fiume. La presenza (o l’assenza) di alcuni di questi indica lo stato di salute delle acque. «E il Bacchiglione non sta bene da questo punto di vista, il livello è scarso». In molti casi anche cattivo. Meglio quanto ad altre sostanze chimiche. Ad esempio c’è poca presenza di azoto e fosforo. Poi ci sono variazioni a seconda delle stazioni: in viale Diaz sono stati rilevati cromo, piombo, cloroformio e tetracloroetilene. Ma scompaiono tutte meno l’ultima a Borgo Berga. Soluzione del mistero? «A metà strada entra l’Astichello che probabilmente diluisce l’acqua» dicono dall’Arpav. Quasi assenti invece antiparassitari e diserbanti usati nei campi. Infine la carica batterica, che piazza il fiume al livello peggiore: «La legge oggi non chiede più di misurare i coliformi – spiega Francesca Ragusa -, cosa che secondo noi è sbagliata. Noi però lo facciamo lo stesso perché abbiamo la serie storica». Risultato: malissimo in viale Diaz con alta concentrazione di escherichia coli e male anche a Borgo Berga. Conclusione: non bevetela quell’acqua. (IL Giornale di Vicenza – 29 dicembre 2015)
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Pfas, l’Ulss 5 fatica a raggiungere il numero di persone da sottoporre ai controlli previsti per l’inquinamento
dal Giornale di Vicenza. Cercansi giovani, soprattutto tra i 20 e i 29 anni, nei comuni di Brendola, Lonigo, Montecchio Maggiore e Sarego. Per completare i campionamenti dell’Ulss 5, con esame del sangue, previsti nell’ambito dei biomonitoraggi definiti dalla Regione Veneto in accordo con l’Istituto Superiore della Sanità nelle zone colpite dal fenomeno dell’inquinamento da sostanze perfluoro alchiliche due anni fa. L’indagine prevedeva di sottoporre al prelievo di sangue 144 cittadini, metà maschi e metà femmine residenti nei 4 comuni da almeno dieci anni, di tre fasce d’età: 20-29 anni, 30-39 e 40-49. Ma i campionamenti inviati finora all’Istituto Superiore della Sanità dall’unità socio-sanitaria arzignanese sono stati 113. E quindi ora vanno completati con la trentina mancante. Si ripartirà da gennaio. «Ci siamo fermati soddisfatti del lavoro pensando fossero sufficienti – spiega il direttore dello Spisal Ulss 5 Adolfo Fiorio – anche perché nella fascia d’età più giovane non è stato facile trovare persone disponibili a sottoporsi al prelievo. E il vincolo di essere residenti sul territorio da almeno 10 anni limita di molto le possibilità. Tra i giovani alcuni sono studenti universitari, e quindi spesso fuori comune; altri sono più timorosi ad accettare per impegni lavorativi, magari hanno trovato un impiego da poco e preferiscono non chiedere qualche ora per sottoporsi all’indagine, che prevede prelievo e compilazione di un questionario sulle abitudini alimentari. L’Ulss 5 comunque rilascia una certificazione per il posto di lavoro, per giustificare l’assenza. E’ importante che la popolazione sia sensibili e collabori. Noi siamo disponibili a dare ogni informazione utile».
La macchina organizzativa quindi riparte. Con il terzo elenco di nominativi, forniti dalla Regione, da contattare telefonicamente per raccogliere le adesioni. E completare quindi la prima fase di indagine sulla popolazione.
A gennaio partirà anche la seconda. Che prevede di sottoporre al prelievo altre 100 persone di Brendola, Lonigo, Montecchio e Sarego, tra quelle che hanno utilizzato acqua da pozzi privati con valori anomali di perfluoro alchilici. «Il numero di persone coinvolte in questo caso è più alto rispetto alle indicazioni iniziali – continua il dottor Fiorio – ma questa è stata la zona più interessata dal fenomeno. La ricerca originaria, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, doveva essere tra le aziende agricole. Invece è stato allargato alle persone che hanno utilizzato acqua da pozzi privati risultati fuori norma per i valori riscontrati. Forse in questo caso avremo maggiore disponibilità dai cittadini, interessati a sapere se hanno effettivamente assorbito queste sostanze. Contiamo di chiudere a breve il monitoraggio». Anche in questo caso 100 persone su tre fasce d’età. La sede dei prelievi sarà il distretto di Lonigo.
«Nei prossimi giorni invieremo una comunicazione ai sindaci dei quattro comuni – conclude il medico – Va comunque ricordato che i risultati non daranno origine a nessuna valutazione sullo stato di salute ne collettivo ne del singolo, ma serviranno a capire se l’inquinamento ha comportato assorbimento di queste sostanze da parte della popolazione. Finora dai dati non risultano effetti sulla salute». (Il Giornale di Vicenza – 30 dicembre 2015)
30 dicembre 2015