Cristina Giacomuzzo e Matteo Bernardini. Indagine sull’acqua contaminata. Dopo le numerose denunce, l’ultima presentata dai Cinque stelle con Luigi Di Maio due settimane fa, la procura ha aperto un’inchiesta sul caso-Pfas. Il fascicolo, sul quale confluirà anche la precedente indagine del sostituto procuratore Luigi Salvadori, è stato affidato al pubblico ministero Barbara De Munari.
«Nella denuncia si profila l’eventualità della violazione della legge 68 del 2015 che prevede il reato di disastro ambientale – spiega il procuratore capo, Antonino Cappelleri -. Il nostro lavoro sarà di capire se effettivamente la sostanza inquinante denunciata esiste e se è stata recepita nelle tabelle dall’Italia così come previsto da una normativa europea». Il procuratore precisa poi che il fascicolo al momento non ipotizza alcun reato e non vede nessun indagato. E spiega inoltre «di essere in attesa dello studio della Regione che non ci è ancora stato comunicato». Da palazzo Balbi si precisa che la documentazione riguardante il biomonitoraggio è stata inviata appena ricevuta dall’Iss, Istituto superiore di sanità, il 13 aprile scorso.
REGIONE Martedì sarà discussa in Consiglio regionale una risoluzione presentata ieri in Commissione dal presidente di palazzo Ferro Fini, Roberto Ciambetti (Lega) e dal consigliere dem Stefano Fracasso. Nel documento si chiede che la Regione, a seguito del report sul biomonitoraggio, «individui le azioni legali di assistenza e tutela» delle persone esposte all’inquinamento valutando le azioni di risarcimento del danno ambientale e ripristino dei siti. Non solo. Nelle intenzioni dei proponenti si punta a creare una corsia preferenziale in Arpav per chi, residente nella zona inquinata, debba fare analizzare i pozzi. Da verificare la possibilità che tali analisi siano gratuite. E ancora. Riuscire a reperire fondi dal Governo per costruire dei bypass ai pozzi inquinati.
WORK IN PROGRESS. Intanto a palazzo Balbi continuano le riunioni per costruire il percorso per accompagnare la popolazione contaminata. Numerose le azioni allo studio per poi decollare concretamente. Uno: indagine epidemiologica retrospettiva. Vale a dire verificare se ci sono dati storici che evidenzino, nei Comuni dell’area più contaminata, incidenze di tumori e altre malattie croniche. Due: nuova indagine epidemiologica. Questa verrà svolta dall’Iss per osservare nel tempo se si svilupperanno malattie. Tre: sono in fase di definizione l’identificazione di esami di prevenzione per diagnosticare eventuali patologie. Quattro: nel 2017 altro screening sul campione (507 persone) del primo biomonitoraggio per verificare l’abbattimento delle concentrazioni.
LESTO DELLE ANALISL Tutte queste persone verranno contattate dalle ülss di residenza. La consegna del referto con il risultato dell’analisi avverrà di persona. In quel momento verrà allegato un fo- glio illustrativo, ora allo studio dagli uffici della Regione, per spiegare cosa sono questi inquinanti e le azioni che da adesso in poi seguiranno. La Regione precisa che saranno debitamente informati anche i medici curanti perché l’azione di sostegno e presa in carico della persona con il sangue contaminato sia la più completa e organizzata possibile. Verrà inoltre valutato uno studio sperimentale su base volontaria per accelerare la riduzione della concentrazione dei Pfas nel sangue.
ALIMENTI. Proprio due giorni fa, spiegano ancora dalla Direzione della sanità regionale, riss ha fatto pervenire le richieste di ulteriori informazioni per completare il disegno del piano di monitoraggio degli alimenti come banche dati georeferenziate, al fine di fare indagini mirate. Si cercherà di ottenere risultati nel più breve tempo possibile, ma senza rinunciare alla qualità e rappre sentatività dei risultati. L’esito è atteso non prima di tré mesi. · Le denunce ipotizzano il reato del disastro ambientale Vedremo i dati.
Il BIOMONITORAGGIO Mercoledì in Regione a Venezia ristituto superiore di sanità ha illustrato l’esito delle prime analisi del sangue sui veneti per capire (impatto dell’inquinamento da Pfas, sostanze che derivano dalla lavorazione del fluoro che servono a impermeabilizzare tessuti, pentole e persino la carta da forno. Si stima che siano 250 mila per persone contaminate. Di queste, 60 mila sono a forte rischio di danni alla salute per aver bevuto, fino a tre anni fa, dal rubinetto di casa acqua contaminata. Da allora tutta la rete è controllata e sana.
LA ZONA PIÙ CONTAMINATA La zona inquinata tocca 31 Comuni del Veneto in 3 Province: Padova, Verona eVicenza.Le concentrazioni più elevate sono a Montecchio, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego. Sui residenti di queste zone si è svolto il biomonitoraggio che ha evidenziato come i Pfas si siano accumulati nel sangue in percentuali anche elevatissime. I risultati singoli sono riservati e saranno consegnati di persona. Ma il dato epidemiologico segna la svolta in una storia inziata almeno 30 anni fa.
Il Giornale di VIcenza – 22 aprile 2016