Non solo il giro di vite sulle detrazioni e le deduzioni fiscali. Con la crisi e l’esigenza del pareggio di bilancio le maglie del fisco si stringono anche su molte rendite rimaste finora protette dall’imposizione tributaria, e che da domani, per la maggioranza dei contribuenti italiani, saranno tassate. È il caso, ad esempio, delle pensioni e delle indennità di accompagnamento per gli invalidi, le pensioni di guerra di ogni genere, gli assegni previdenziali reversibili, le tredicesime e le indennità dei ciechi civili, le pensioni privilegiate dei militari, quelle connesse alle decorazioni all’Ordine militare, e perfino i “soprassoldi” (così ancora si chiamano gli assegni mensili) legati alle medaglie al Valor militare.
Tutte queste prestazioni non saranno più esentasse, come oggi, ma sottoposte all’imposizione progressiva dell’Irpef per tutti i contribuenti che dichiarano oltre 15 mila euro annui lordi.
I tagli interessano una platea molto vasta di cittadini. Solo le prestazioni dell’Inps legate all’invalidità sono 2 milioni e 733 mila. L’importo medio è piuttosto modesto, 404 euro mensili, ma le cifre in ballo sono impressionanti: pensioni e assegni di invalidità costano 3,8 miliardi di euro l’anno, le indennità di accompagnamento raggiungono addirittura i 12,9 miliardi di euro l’anno. Ed è proprio lì che i tagli (e i conseguenti risparmi) saranno più consistenti. Mentre le pensioni e gli assegni sono già commisurati al reddito, l’indennità di accompagnamento, anche questa esentasse, viene concessa agli invalidi che non possono camminare o hanno bisogno di assistenza per le attività quotidiane a prescindere dal reddito percepito. D’ora in poi chi beneficia di queste prestazioni e ha già redditi superiori ai 15 mila euro dovrà inserire gli assegni nella dichiarazione Irpef e sottoporli all’imposta.
Il tetto dei 15 mila euro di reddito vale anche per continuare a godere dell’esenzione fiscale prevista da una legge del 1973 sui «capitali percepiti in caso di morte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita». Le somme versate dalle compagnie assicurative a titolo di capitale, per chi dichiara oltre 15 mila euro, saranno dunque sottoposte «all’imposta sul reddito delle persone fisiche e alle imposte locali sui redditi». Perdono l’esenzione fiscale, sempre per i contribuenti con i redditi oltre il limite, le pensioni privilegiate militari, ovvero quelle riconosciute ai militari di leva invalidi per cause di servizio, che finora erano esenti in quanto considerate “risarcitorie”. Esattamente come le pensioni di guerra (l’Inps ne paga 300 mila l’anno, un quarto delle quali supera i 2 mila euro mensili) riconosciute agli ex combattenti, ai partigiani, ai mutilati e agli invalidi di guerra, così come alle vedove e agli orfani, e che da domani saranno anch’esse tassate.
Difficile calcolare l’impatto economico dei nuovi vincoli. Sicuramente faranno salire il costo della manovra a carico delle famiglie italiane. Secondo gli artigiani di Mestre, tra aumento dell’Iva, la franchigia e il tetto su deduzioni e detrazioni, anche considerato l’abbattimento dell’Irpef, costerà alle famiglie italiane 2,5 miliardi l’anno (100 euro a famiglia in media). Le associazioni dei consumatori, Adusbef e Federconsumatori, si spingono oltre: 172 euro a famiglia, per un totale di 3,8 miliardi. La relazione tecnica della Ragioneria, che darà il quadro degli effetti finanziari delle singole misure, non c’è ancora (e del resto non c’è ancora il testo definitivo della legge di Stabilità). Anche se l’impatto della manovra nel suo complesso è definito: servirà per risparmiare 6,6 miliardi di euro quest’anno e altri 4 nel 2013.
L’annuncio del Tesoro. Il Fisco ora salva le polizze sulla vita
I capitali versati dalle compagnie assicurative in caso di morte resteranno esenti dall’Irpef. Alla quale saranno invece sottoposti, per i contribuenti che dichiarano oltre 15 mila euro annui lordi, gli assegni per le pensioni e le indennità di invalidità, le pensioni di guerra di ogni tipo, quelle privilegiate militari e quelle connesse alle decorazioni all’Ordine militare e alle Medaglie al valor militare.
La precisazione sui contenuti della nuova legge di Stabilità è arrivata ieri dal ministero dell’Economia, anche se un testo definitivo del provvedimento non c’è ancora. E difficilmente basterà a tranquillizzare i partiti che sostengono il governo Monti, unanimi nel criticare il pacchetto delle norme fiscali contenute nella legge di bilancio del 2013.
Legge stabilità. Costi per l’assistenza destinati a crescere
La legge di stabilità 2013-2015 eleva al 10% l’aliquota Iva gravante sulle prestazioni socio sanitarie e sociali delle cooperative, fino ad ora soggette a quella di favore del 4%. Un aumento di sei punti percentuali che vale più di un raddoppio dell’aliquota precedente.
La norma raccoglie in questo modo parte dei 12 miliardi necessari, secondo le dichiarazioni ufficiali, ad evitare l’ulteriore aumento dell’Iva e a ridurre le aliquote Irpef più basse, oltre che a finanziare spese indifferibili e ad incentivare la ripresa.
L’aumento è attuato abrogando il n. 41-bis) della Tabella A, parte II, della legge Iva e la norma interpretativa, comma 331 articolo 1, legge 296/2006, che aveva esteso il regime Iva di favore anche alle prestazioni educative e assistenziali. Le medesime prestazioni vengono ricollocate nel nuovo n. 127-undevicies) della parte III, della medesima Tabella A della legge Iva nella quale vengono elencate, appunto, le operazioni imponibili con l’aliquota del 10 per cento.
Si tratta di un aumento che a cascata innalzerà, per esempio, il costo sostenuto dalle famiglie e dalla collettività per fruire dei servizi scolastici o per dare assistenza ad anziani e disabili. Le cooperative sono infatti frequentemente produttrici, o fornitrici privilegiate di altri soggetti erogatori, di tali prestazioni. L’aumento dell’aliquota, gravando spesso su soggetti che per effetto del pro rata hanno possibilità ridotte di recuperare l’Iva pagata ai fornitori, si tradurrà in molti casi in un aumento secco delle rette.
Anche sul fronte tecnico la riformulazione delle norme meriterà qualche chiarimento. Va infatti segnalato che nel nuovo 127-undevicies non viene riproposta sotto l’aliquota del 10% l’estensione dell’aliquota agevolata, tale è comunque quella del 10%, alle altre prestazioni, educative e sociali in particolare, richiamate dall’abrogato comma 331 della legge 296/2006. Una lettura rigorosa delle nuove norme potrebbe dunque far ritenere che prestazioni diverse da quelle propriamente socio sanitarie, siano da ora soggette alla aliquota Iva ordinaria del 21 per cento.
Vi è poi il caso delle cooperative sociali. Vale infatti ancora la facoltà per questa particolare categoria di cooperative, la cui struttura deve essere conforme alle previsioni della legge 381/1991, di optare per la speciale previsione di cui all’articolo 10, comma 8, Dlgs 460/1997. E dunque, in sintesi, per il regime di esenzione riconosciuto alle Onlus. Regime che, peraltro, è senza dubbio meno conveniente di quello che vedeva le medesime prestazioni imponibili secondo l’aliquota del 4%.
Gravando le loro prestazioni di un onere aggiuntivo contenuto, il 4%, le cooperative potevano infatti detrarre tutta l’Iva pagata a monte ai loro fornitori a beneficio del costo complessivo delle loro attività. Il regime di esenzione trascina invece con sé in molti casi la perdita totale del diritto alla detrazione. E l’Iva non detratta si trasforma in un costo aggiuntivo.
Le nuove norme si applicano alle operazioni effettuate sulla base di contratti stipulati, rinnovati o prorogati successivamente all’entrata in vigore della legge di stabilità. Entrata in vigore che dovrebbe coincidere con il 1° gennaio 2013, se nel testo che sarà pubblicato in Gazzetta non ci saranno sorprese. Insomma, paradosso nel paradosso, la norma sembra lasciare una specie di finestra aperta ancora per qualche anno alla vecchia aliquota.
Corriere della Sera e Sole 24 Ore – 14 ottobre 2012