Mario Tozzi. Il serpente «Ziggy Stardust», dalla testa iridescente, è solo una delle 163 nuove specie di viventi scoperte quest’anno nel bacino del Mekong, una delle più formidabili riserve di biodiversità della Terra. Insieme al tritone «Star Trek», undici specie di pesci, 126 piante e addirittura tre nuovi mammiferi è una delle buone notizie di questa fine 2016.
E dovrebbe dare speranza a tutti, anche a coloro che pensano che non ci debba interessare il destino di anfibi e uccelli, visto che noi umani abbiamo già tanti altri problemi. Sarebbe un pensiero sbagliato e ignorante: la ricchezza della vita sulla Terra (di tutte le forme di vita) è patrimonio anche degli uomini, e una biosfera in salute assicura una serie impressionante di servizi essenziali e gratuiti all’umanità, dalle acque pulite ai medicinali.
Il numero delle specie viventi terrestri si aggira oggi attorno ai 15 milioni (dieci milioni delle quali solo di insetti), ed è una stima per difetto. Ma sono importanti gli insetti, ci si potrebbe domandare, e le zanzare anche? E sono importanti i lupi della Norvegia, appena salvati dalla caccia indiscriminata che ne avrebbe ridotto del 70% la popolazione? La risposta è sì, e per questo è importante il fatto che, dalla fine degli Anni 90, sono state incredibilmente scoperte 2500 nuove specie di animali – tra cui 434 mammiferi – e ben 20.000 piante. Ultima la recente straordinaria cucciolata di ben quattro piccoli del leopardo delle nevi, filmata per la prima volta al mondo dal Wwf in Mongolia, una delle specie più minacciate di estinzione e ridotta a meno di 4000 individui.
Anche il panda gigante, simbolo del Wwf internazionale, è salvo. Almeno in apparenza. Da «Endangered» (minacciato), oggi è diventato «Vulnerable» (suscettibile di essere minacciato), cioè declassato da una categoria di minaccia maggiore ad una minore da parte della Iucn, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura che, per conto delle Nazioni Unite, gestisce la Lista Rossa, delle specie minacciate di estinzione. Ma non tutte le notizie sono positive, anzi. Attualmente risultano minacciate di estinzione 23.928 specie di viventi su 82.954: una cifra enorme, a pensarci bene. Nel caso del panda gigante la popolazione è cresciuta del 17%, arrivando a 1864 individui selvatici nelle foreste della Cina. Senz’altro una buona notizia che dimostra come l’approccio integrato alla conservazione permetta di ottenere grandi risultati, anche se bisogna sottolineare che una specie non è salva se non viene salvaguardato anche il suo habitat, pena avere una lista di specie solo virtualmente sopravvissute, ma in realtà estinte. Il panda gigante riesce a incrementare i suoi numeri solo grazie allo sviluppo di un network integrato di riserve naturali e alla creazione di corridoi naturali che consentono il collegamento tra le popolazioni isolate. Quello che si dovrebbe garantire dovunque, impedendo nel contempo progetti sciagurati, come la costruzione di dighe lungo il Mekong, tenendo presente la ferita che è già stata inferta dalla Diga delle Tre Gole, in Cina, responsabile dell’estinzione del delfino bianco di fiume.
Le minacce sono identiche per tutti i viventi non umani del pianeta: perdita di habitat, bracconaggio e commercio illegale, conflitti con le comunità locali e cambiamento climatico. Animali in pericolo costante, come la tigre del Bengala Sher Khan, che nel Libro della giungla è il cattivo, ma che, giustamente, non vorrebbe che il cucciolo d’uomo Mowgli torni fra i suoi simili a perpetrare la distruzione ai danni degli altri viventi, lei stessa per prima.
Nella Red List quattro specie di grandi scimmie su sei sono attualmente in pericolo di estinzione, primo fra tutti il gorilla orientale (Gorilla beringei; Eastern Gorilla), che ha subìto un declino del 70% in vent’anni, passando da «Endangered» a «Critically Endangered». Anche il gorilla occidentale, l’orango del Borneo e quello di Sumatra sono «Critically Endangered», vicine purtroppo all’estinzione. Non se la passano bene nemmeno lo scimpanzé e il bonobo, lo scimpanzé pigmeo, classificati come «Endangered». Quest’ultimo, peraltro, è il vivente geneticamente più vicino alla specie Homo sapiens. Ma sono tutte le grandi scimmie, i nostri parenti più prossimi, a essere sul punto di sparire dal pianeta sul quale ci hanno aperto la strada: nessuna gratitudine per chi ha permesso la nostra stessa evoluzione.
La Stampa – 31 dicembre 2016