Articolo pubblicato dal Corriere Veneto il 9 marzo 2017. Il 57 per cento dei veterinari veneti ammette di aver subito pressioni per cambiare atteggiamento nello svolgimento della professione. E il 24% preferisce non rispondere. Si è aperto così, con l’esito di un sondaggio rivolto a 54 medici e realizzato dalla Federazione regionale medici veterinari, il dibattito sul fenomeno della corruzione e delle infiltrazioni mafiose in ambito sanitario e veterinario co-organizzato da Frov, Università di Padova e Associazione antimafia Libera.
Entrando nel dettaglio delle interferenze, avvenute sia nella sfera della libera professione (58%) che delle Usl (16%), il 68% degli intervistati parla di «semplici» pressioni, mentre il 6% denuncia vere e proprie minacce e il 26% non specifica. Che siano clienti (36%), superiori (13%), colleghi (6%) o clienti e colleghi in sinergia (13%), gli autori chiedono soprattutto falsificazioni di certificati (23%) e modifiche a controlli, referti o sanzioni (16%).
Ad Agripolis c’era anche il sostituto procuratore padovano Benedetto Roberti, che si occupa di indagini su alimenti e salute da una decina di anni: «Ma per quanto riguarda la collaborazione in ambito veterinario siamo ancora all’anno zero – ha detto -. I veterinari appartengono a un comparto chiuso, che denota un deficit nello scambio di notizie: in passato ho dovuto tirare fuori le parole di bocca anche a persone corrette, che però non volevano parlare per motivi di gerarchia». Quando si parla di frodi alimentari, il supporto degli esperti è fondamentale: «Chi somministra sostanze illecite agli animali conosce molte tecniche per aggirare i controlli, mentre le Usl hanno pochi mezzi e anche poche metodiche di analisi – spiega Roberti -. Di solito si lavora con i carabinieri del Nas e i consulenti, ma i prelievi non bastano e le segnalazioni sono molto rare: se i veterinari si attivassero, si potrebbe scalfire l’omertà».
Poco più di un anno fa, Roberti ha smascherato un’organizzazione criminale che importava cuccioli dall’Ungheria senza libretti sanitari e microchip: «Purtroppo gli organi inquirenti hanno ben altro di cui occuparsi, ma il traffico degli animali d’affezione dall’estero è un pozzo senza fondo. Ho notato un certo disinteresse verso il fenomeno, come conferma la totale assenza del Corpo forestale dello Stato, eppure Padova è un crocevia: ogni weekend il casello dell’autostrada è pieno di auto e furgoni che trasportano cani e gatti da Ungheria e Slovacchia, destinati agli allevamenti dell’Emilia e del Veronese. La maggior parte degli animali venduti muore dopo pochi giorni e le autopsie dimostrano che le patologie sono di vecchia data».
Tra le note dolenti c’è quella del maltrattamento sugli animali: «Anche in questo settore c’è una carenza di controlli e interventi. In assenza del Corpo forestale, le uniche segnalazioni dei cittadini arrivano dalle associazioni zoofile con funzione di polizia giudiziaria». Insomma, il clima è tutt’altro che idilliaco. E la conferma arriva dai diretti interessati: «Qualche anno fa ho ricevuto una pallottola e una lettera minatoria – dice Aldo Costa, dirigente veterinario dell’Uls 6 -. L’onestà è fondamentale, perché le occasioni per peccare sono tante. Nel nostro lavoro siamo soli e non dobbiamo aver paura: tutti abbiamo avuto chi ci ha messo le mani addosso o ci ha offesi, ma spesso è meglio lasciar correre. Invece chi ha sentore che un collega non si comporta bene deve denunciarlo, perché non tutte le voci sono reali e non c’è niente di peggio della calunnia». (Alessandro Macciò – Il Corriere del Veneto)
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Il Sivemp Veneto: veterinari pubblici intimiditi proprio perché ogni giorno fanno rispettare la legge. Altro che inerti!
Per carità, potrebbe essere un segnale positivo che si torni a parlare dell’allarmante fenomeno delle intimidazioni ai veterinari pubblici in servizio, denunciato per primo proprio dal Sindacato dei veterinari di medicina pubblica. Ma è davvero grave e mistificatorio che le vittime delle minacce, i veterinari, vengano dipinti in un contesto pubblico come soggetti inerti e poco “collaborativi”. I veterinari veneti in questi anni sono stati oggetto di intimidazioni e aggressioni paragonabili, per numero e gravità, solo a quelle parti del Paese in cui è più forte la criminalità organizzata. Minacce, vandalismi, quando non addirittura veri e propri attentati, si sono susseguiti con allarmante frequenza, nel quasi totale silenzio delle istituzioni. Si sono chiesti il perché i relatori del convegno?
La risposta è semplice. Siamo diventati un bersaglio perché ogni giorno facciamo rispettare la legge, con spirito di servizio e determinazione. Se veniamo intimiditi è proprio perché non lasciamo correre, non siamo accomodanti come sembra stranamente pensare qualcuno.
Spiace constatare come un’occasione di denuncia e riflessione su un fenomeno allarmante per la nostra categoria, almeno stando a quanto riportato dall’articolo, non abbia saputo cogliere il problema nella sua corretta dimensione. Ci auguriamo, vista anche la presenza al convegno in questione di componenti della nostra professione, che per il futuro si scelga di ascoltare anche la voce di chi quotidianamente sul campo garantisce la legalità e la salute pubblica. E non si lascino passare messaggi mistificatori e confusi che non aiutano certo a contrastare il fenomeno delle intimidazioni. (Il Sivemp Veneto)
9 marzo 2017