La domanda sulla prossima pandemia non contempla il se, ma il quando e il dove colpirà. Quale potrebbe essere? Quali agenti patogeni con potenziale pandemico dovrebbero essere al centro delle ricerche? Ci si deve aspettare una malattia X, del tutto nuova e fin qui ignota che l’umanità non ha mai incrociato prima e che potrebbe comparire all’improvviso, mostrando un’elevata trasmissibilità e gravità? Per avere una risposta a queste domande occorre riferirsi agli aggiornamenti effettuati una volta l’anno dall’Oms dell’elenco di patogeni, “sorvegliati speciali” di un gruppo di oltre 300 scienziati che scrutano negli “arcana imperii” del mondo dei microrganismi, misurando la trasmissibilità di un patogeno e le scelte di trattamento. Se all’inizio di questo secolo le previsioni – basate su dati storici e calcoli matematici – erano concentrate sulla possibilità che emergesse un nuovo virus (del tipo A), attraverso un cambiamento antigenico improvviso (“antigenic shift”), con una riedizione della famigerata Spagnola, oggi l’immaginazione delle minacce pandemiche si spinge oltre l’influenza (fortunatamente, per quanto riguarda la preparazione).
I coronavirus che fino a pochi anni fa non sarebbero stati considerati una minaccia pandemica, sono ora nella lista degli agenti patogeni dell’Oms da non perdere di vista. Sono ben 26 le famiglie di virus noti per infettare gli esseri umani. I cinque gravi eventi pandemici che si sono susseguiti dal lontanissimo 1900, sono collegati a un virus influenzale o a un coronavirus, una famiglia di virus scoperta nella seconda metà del secolo scorso. Comuni nei pipistrelli, che costituiscono il 20 per cento di tutte le specie di mammiferi, e possono, con tutta facilità, estendersi ad altri mammiferi come zibetti, cervi, gatti e cani, visoni e altre specie. Negli ultimi due decenni, abbiamo registrato la presenza di Sars-Cov-1 ( 2002), Mers, la sindrome respiratoria del Medio Oriente (2015) e Sars-Cov-2 ( 2020).
Stando a un grande esperto come Matthew Bayliss, professore dell’Università di Liverpool e direttore del nuovo Pandemic Institute di quella città, c’è una «probabilità ragionevolmente alta» che un altro nuovo coronavirus ne segua le orme.
L’elenco dell’Oms comprende anche cinque febbri emorragiche, a cominciare da Ebola e Nipah – che se, malauguratamente, dovesse sviluppare la capacità di diffondersi velocemente come fa il morbillo – causerebbe una crisi sanitaria, dato l’alto tasso di mortalità e la mancanza di trattamenti disponibili. Sono inoltre inclusi il virus Marburg (simile all’Ebola), la febbre di Lassa, la febbre della Rift Valley e la febbre emorragica della Crimea-Congo.
L’ultimo elemento nella lista dei patogeni su cui concentrare l’attenzione è la malattia X. Lo è stata Covid-19, nuova e inaspettata, saltata fuori, a cavallo tra il 2019 e il 2020, da un inquietante nulla, capace di diffondersi rapidissimamente intorno al mondo. Quello che ci ha insegnato è che non dovremmo sottovalutare la capacità di un virus di emergere, modificarsi e sviluppare adattamenti in una singola famiglia di virus. Come non concordare con Nicole Lurie, direttore esecutivo della preparazione e della risposta presso Cepi, cioè la Coalition for epidemic preparedness innovations : il mondo è entrato in una «nuova era di malattie infettive a causa dei cambiamenti climatici, della distruzione degli habitat animali, dell’invasione umana in aree precedentemente isolate e delle crescenti interazioni tra persone e animali, che sta alimentando eventi di spillover e accelerando l’emergere della malattia X».
L’imperativo è quello di correre e di investire nella ricerca, raccomandano scienziati, esperti di sanità pubblica globale, responsabili di organizzazioni internazionali, grandi filantropi: esistono vaccini per 15 delle 26 famiglie virali, ma solo per una esiste una piattaforma vaccinale che consente di sviluppare e distribuire velocemente un vaccino. Converrà non perdere la memoria, mentre la minaccia Covid-19 si allontana dall’orizzonte delle nostre paure: solo una piattaforma di vaccino a risposta rapida, abbinata ad un sistema di diagnosi precoce sarà in grado di assicurare una possibilità di combattere per prevenire una futura pandemia, mantenendola sotto controllo e spegnendola prima che diventi una catastrofe globale.
Eugenia Tognotti – La Stampa