Luca Zaia e Flavio Tosi hanno già dato l’incarico ai propri avvocati di querelare Francesco Belsito per quelle dichiarazioni. Ma il verbale dell’interrogatorio del 13 maggio scorso dell’ex tesoriere della Lega Nord, presto a processo con Umberto Bossi e la «Family» per truffa e appropriazione indebita, gettano un’ombra sul governatore del Veneto e sul sindaco di Verona, i due uomini forti del Carroccio 2.0 della nostra regione.
Belsito, che all’epoca era detenuto e poco tempo dopo venne scarcerato, di fronte ai pm milanesi che stavano indagando sui conti della Lega aveva infatti lanciato diverse accuse a «vip padani», dal neosegretario Matteo Salvini all’ex capo di Sea Giuseppe Bonomi, dall’ex capogruppo alla Camera Matteo Reguzzoni all’ex presidente federale Angelo Alessandri. E poi ci fu appunto quell’accusa a Zaia e Tosi, e con loro a Enrico Cavaliere (ex deputato e presidente del consiglio regionale del Veneto dal 2000 al 2005), relativamente a una mazzetta da 850 mila euro della Siram, colosso francese dell’energia che da anni nella nostra regione ha appalti importanti.
Secondo il racconto di Belsito — che sarebbe stato poi confermato in settembre dal «faccendiere» sandonatese Stefano Bonet, pure lui coinvolto nell’inchiesta e arrestato — Cavaliere avrebbe incassato 500 mila euro, mentre gli altri 350 mila sarebbero andato al manager Claudio Boni, ma entrambe le somme sarebbero state un pagamento al Carroccio veneziano per continuare ad avere gli appalti. «La Lega Nord del Veneto aveva chiesto un milione al finanziere Stefano Bonet», aveva detto Belsito, riferendo che sarebbe stata Siram a pagare e che lo sapevano anche Tosi e Zaia. «Anche Zaia fu informato di tale pagamento», ha detto l’ex tesoriere, che in un altro passaggio riferisce che «Cavaliere trattava su incarico di Tosi».
Accuse che sono ancora al vaglio della procura di Milano, come confermano gli investigatori, a differenza di quelle a Salvini e gli altri, per i quali non è nemmeno mai stato aperto un fascicolo. Qui invece l’inchiesta c’è e c’è anche un indagato per corruzione, cioè Cavaliere. I finanzieri milanesi due settimane fa si sono presentati nella casa di Meolo (Venezia) e nell’ufficio di Treviso dell’ex presidente del consiglio regionale per cercare documenti su quei fatti. Dalla procura, pur nel massimo riserbo che copre l’indagine, fanno capire che fino a quando non verrà chiarito questo passaggio, il filone della «tangente Siram» resta in piedi e dunque anche la «conoscenza» di Zaia e Tosi, che però allo stato attuale non sono indagati.
Non sono indagati ma profondamente incavolati. «Ho già dato mandato all’avvocato Malvestio – dice Zaia – di sporgere querela nei confronti di Belsito. Sto con i magistrati, spero che facciano chiarezza fino in fondo. E’ la seconda volta che Belsito mi tira in ballo. La prima disse che aveva notizie che partecipavo a cene con Umberto Bossi e imprenditori per la raccolta di fondi. Ma è male informato, perché io non vado alle cene. Stavolta invece dice, anche se in maniera molto marginale, che ero informato dei presunti rapporti tra Tosi, Cavaliere e la Siram. Ma non solo: aggiunge pure che avrebbe pagato delle mie fatture. Ma stiamo scherzando? Le tiri fuori subito queste fatture, voglio vederle».
Un attimo di pausa e poi Zaia riprende: «Inoltre, specificando che qui l’unico indagato è Belsito, quello che emerge dalla sue parole è il quadro di una Lega che ha girato pagina. Io Belsito l’ho conosciuto quando era sottosegretario, non ho mai avuto frequentazioni particolari con lui, l’avrò visto sì e no cinque volte. Di tutte queste cose che dice non so alcunché. Io non sono mai andato a infilarmi in battaglie politiche, sono sempre stato al mio posto che è quello di guida della Regione Veneto. Altri modi di concepire la politica non ne conosco, sono intonso e ne vado fiero. Non a caso, e penso proprio per questo, il consenso dell’amministrazione regionale è di segno positivo».
E Tosi? Le parole che usa il segretario della Liga Veneta sono ancora più dure di quelle del suo collega di partito. «Pensando a Belsito penso a un escremento». E’ infervorato il sindaco di Verona. Che aggiunge: «Da un calunniatore dal comportamento spregevole come Belsito, che con i soldi del finanziamento pubblico ne ha combinate di tutti i colori, c’è da aspettarsi di tutto: anche che, per uscire dal carcere, cavarsela con pene minori o anche per giustificare in tutto o in parte le sue malefatte, cerchi di coinvolgere a largo raggio persone che nulla hanno a che fare con le porcherie sue e del cerchio magico. Lo denuncerò per calunnia e querelerò per diffamazione lui e chi fa da cassa di risonanza delle sue infamanti calunnie» Dopo lo sfogo, le precisazioni per quella che comunque, come sostengono gli investigatori, è un’inchiesta ancora aperta. «Ricordo che all’epoca dei presunti fatti di cui Belsito avrebbe riferito ai magistrati non ero io il segretario della Lega Nord-Liga Veneta e che ero uno dei bersagli del cerchio magico e di Belsito. E’ altresì evidente che queste informazioni che escono a orologeria dal Palazzo di giustizia di Milano servono solo a colpire Maroni, Salvini, Tosi e Zaia, cioè il nuovo corso della Lega che ha spazzato via Belsito e quel cerchio magico di cui lui notoriamente era l’elemosiniere».
La precisazione di Tosi chiama in causa l’ex segretario Gian Paolo Gobbo. «Garantisco – dice – che non sapevo nulla di queste cose. Anzi, leggerle sui giornali mi incupisce perché noi veneti ci siamo sempre attenuti alle regole. Dormo sonni tranquilli».
Alberto Zorzi e Antonio Spadaccino – Corriere del Veneto – 14 dicembre 2013