Non è stata una zanzara ad uccidere Sofia Zago, la bambina di 4 anni morta il 4 settembre per malaria agli Spedali Riuniti di Brescia. Dalle prime indiscrezioni sui risultati delle analisi compiute dai consulenti tecnici per conto della Procura di Trento (l’inchiesta è per omicidio colposo contro ignoti), emerge una novità sorprendente per ricostruire cosa davvero sia accaduto dal giorno in cui la piccola è giunta al Santa Chiara di Trento fino al trasferimento a Brescia. Il ceppo del parassita malarico che l’ha contagiata corrisponde a quello identificato in due bimbe del Burkina Faso, ricoverate nel nosocomio trentino quella stessa settimana. Erano appena tornate da un viaggio con la famiglia nel Paese di origine, dove la malattia è endemica.
Prende corpo, quindi, l’ipotesi che a causare l’infezione sia stato il tragico errore di un sanitario. Una procedura medica sbagliata, compiuta durante il prelievo, ha fatto sì che il sangue di una delle due bimbe contaminasse quello di Sofia. Un fatale incidente, dunque, avvenuto tramite un ago utilizzato in modo scorretto. Gli inquirenti stanno per giungere a queste conclusioni sulla base degli accertamenti disposti dalla Procura di Trento, svolti con gran riserbo dai Nas, e dei pareri richiesti a Istituto superiore di sanità e Istituto zooprofilattico del Veneto.
Solo così si può spiegare come mai il ceppo del parassita, il Plasmodium falciparum che ha ucciso Sofia, sia risultato identico a quello delle due ospiti del Burkina, poi guarite e dimesse. Il parassita, infatti, viene veicolato da un individuo all’altro solo attraverso un vettore, una particolare specie di zanzara Anopheles , assente in Italia, tanto più al Nord, come hanno confermato anche gli esami sugli insetti catturati nella zona del nosocomio. È invece teoricamente possibile che una zanzara sia arrivata al Santa Chiara all’interno di una valigia giunta in aereo dall’Africa, ma l’ipotesi è stata esclusa esaminando gli spostamenti della famiglia del Burkina.
Dal 5 al 13 agosto gli Zago trascorrono una vacanza in un villaggio turistico di Bibione, in Veneto. La piccola non si sente bene e, dopo una visita al pronto soccorso locale e poi all’ospedale di Portogruaro, dal 16 al 21 viene ricoverata in Pediatria a Trento. Poche stanze più in là ci sono le bambine con la malaria. Dimessa il 21, Sofia il 31 torna al pronto soccorso di Trento. Ha la febbre alta. La diagnosi iniziale è rassicurante: laringite. Non avendo mai lasciato l’Italia, nessuno pensa che possa trattarsi di un male tropicale ma la biologa del nosocomio scopre la verità: nel sangue viene trovato il Plasmodium falciparum . Sofia intanto entra in coma. La trasferiscono a Brescia. Invano. Muore il 4 settembre.
Scattano le indagini coordinate dal procuratore di Trento, Marco Gallina. Un lavoro accurato, svolto in modo capillare dal gruppo Nas di Trento. Vengono ascoltati i sanitari. Intanto i periti entomologi escludono la presenza di zanzare-vettori, sia a Trento, sia a Bibione. Tutto regolare anche nel camping. I dubbi e le polemiche si concentrano sui prelievi per la misurazione dell’insulina che però risultano regolarmente eseguiti con aghi monouso. Alla fine la svolta: la risposta è in ciò che è accaduto in ambulatorio.
Il Corriere della Sera – 4 novembre 2017