“Sorpresa” nella versione finale del decreto legislativo n. 27 del 2 febbraio 2021 di adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/625, in vigore il prossimo 26 marzo. All’articolo 18 il decreto dispone l’abrogazione della legge 30 aprile 1962, n. 283, sulla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, facendo salve soltanto le disposizioni di cui agli art. 7, 10 e 22. Ne consegue che risulta abrogato l’articolo 5 che vietava la vendita di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione o con cariche microbiche superiori ai limiti o invase da parassiti o con l’aggiunta di additivi chimici non autorizzati o che contengano residui chimici tossici per l’uomo. Dal 26 marzo non sarà più disponibile, quindi, lo strumento contravvenzionale per punire i più frequenti reati di adulterazione, lasciando solo agli illeciti amministrativi pecuniari la funzione di colpire le condotte lesive. Si tratta di un’iniziativa del legislatore italiano che nulla ha a che vedere con le disposizioni del Regolamento europeo che, anzi, per parte sua imponeva agli Stati la previsioni di sanzioni efficaci, dissuasive e deterrenti. Per gli aspetti sanzionatori è infatti ogni Stato membro a decidere autonomamente sulla base del criterio proporzione-efficacia-dissuasione. Cosa succederà ora? A chiederselo addetti ai lavori ed esperti di diritto alimentare. Il colpo di spugna rischia di vanificare anche gli sforzi delle forze di polizia deputate ai controlli in questo campo.
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Sicurezza alimentare, la strana scelta di depenalizzare. In vigore dal 26 marzo il decreto di adeguamento al Regolamento Ue 625. Eliminati vari reati proprio mentre la Camera discute un rafforzamento penale
Dal 26 marzo cambia la disciplina penale della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, virando verso una sostanziale depenalizzazione. L’articolo 18 lettera b) del Dlgs 27/21 include infatti tra le sue abrogazioni la legge 283/62 recante la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, fatte salve le disposizioni agli articoli 7, 10 e 22.
Si tratta dell’esercizio della delega conferita dall’ articolo 12 della legge 117/19 per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento Ue 2017/625 che, dunque, è destinato a produrre fenomeni di abolitio criminis, peraltro con effetto retroattivo e contestuale travolgimento di eventuali giudicati di condanna, come del resto impone il Codice penale rispetto alle contravvenzioni di pericolo e di danno previste dal combinato disposto appunto della legge 283/1962 (articoli 5 e 6) sulle quali sinora si è fondata la prevenzione di reati contro la salute pubblica anche ben più gravi (articoli 439 e seguenti del Codice penale).
Ne deriva che i fatti, specie colposi, di impiego, vendita, somministrazione o introduzione di sostanze alimentari contaminate (ad esempio per effetto di additivi non consentiti o di prodotti cancerogeni) ovvero in stato di degrado, promiscuità o cattiva conservazione o comunque non rispondenti ai requisiti di legge, non integrano più reato ex se ma semmai solo illeciti amministrativi puniti, per lo più, con sanzione pecuniaria.
Invece continuano a integrare reato le condotte di produzione, vendita o messa in commercio di sostanze alimentari o della carta e imballaggi destinate a involgerle ovvero di oggetti di uso personale o domestico colorati con colori non autorizzati, in quanto già previste dall’articolo 10 della legge 283/62, articolo escluso dall’effetto di depenalizzazione.
Il riferimento alla ridefinizione del sistema sanzionatorio mediante previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni con abrogazione espressa delle norme incompatibili (articolo 12, comma 3, rispettivamente lettera i) e a), della legge 117/19) costituisce, peraltro, una scelta del legislatore delegante neppure imposta dal regolamento comunitario che, stando al considerando 90 e allo stesso articolo 139, si limitava piuttosto a imporre agli Stati la previsioni di sanzioni efficaci, dissuasive e deterrenti. Scelta che appare, inoltre, in controtendenza con l’intento di un progressivo rafforzamento della tutela penale in materia agroalimentare alla base dell’atto Camera 2427 in discussione, come mutuato dallo schema già elaborato nel 2015 dalla commissione Caselli.
In questa sede si prevede, viceversa, l’introduzione o il potenziamento di fattispecie contro la salute pubblica o l’industria e il commercio e, soprattutto, l’inserimento di nuove ipotesi delittuose a tutela anticipata nell’articolo 5 della legge 283/62, per di più aggravate nel caso del disastro sanitario di nuovo conio (articolo 445-bis del Codice penale) e in relazione alle quali viene infine estesa la responsabilità dell’ente ex Dlgs 231/01.
Salvo, dunque, un ripensamento del legislatore – volto a ripristinare la vigenza dell’articolo 5 della legge 283/62 e delle altre norme collegate (in particolare gli articoli 6, 12 e 12-bis) possibilmente prima o contestualmente al 26 marzo – potrebbe risultarne una contraddittoria compromissione della tutela preventiva della sicurezza alimentare in un mercato ormai globale che richiede continui ed efficaci controlli di polizia sia amministrativa sia giudiziaria.
C’è da sottolineare che, trattandosi di abrogazione inserita all’ultimo nel testo di legge già sottoposto a parere parlamentare, difficilmente potrebbe ipotizzarsi una semplice svista.