Il bilancio della Regione sarebbe stato attivo nel 2001 e 2011. E la mancanza di liquidità sarebbe stata risolta con 400 milioni
Sicilia contrordine. Parole “tranquillizzanti” di fonti governative le riporta l’agenzia Ansa. «Non c’è rischio default per la Sicilia», l’affermazione contraddice le parole del numero due della Confindustria siciliano, Ivan Lo Bello, aveva denunciato che la Sicilia è «sull’orlo del fallimento» e che aveva spinto Mario Monti a scrivere a Lombardo per avere conferma dell’intenzione – dichiarata pubblicamente – di dimettersi il 31 luglio. Il problema non è strutturale ma di «temporanea mancanza di liquidità ed è stato risolto con trasferimenti per 400 milioni di euro già programmati» continua l’Ansa riportando fonti governative secondo le quali il bilancio della Regione Sicilia è stato in attivo nel 2011 e nel 2010 e i fabbisogni delle Regioni non sono automaticamente garantiti dall’Amministrazione centrale dello Stato. La spending review, spiega la fonte, prevede inoltre interventi di ottimizzazione per la spesa pubblica anche per le Regioni. Per le Regioni a Statuto speciale sono previsti interventi per complessivi 600 milioni già nel 2012.
LA POLEMICA – Ma la Sicilia non ha pace. E nel frattempo si fomenta la polemica tra il presidente Raffaele Lombardo e Ivan Lo Bello. E nasce un piccolo giallo che ha tenuto banco per tutto il pomeriggio. «È la smentita di quanti, non disinteressatamente, hanno parlato di default e di rischio fallimento per la Sicilia con articoli, interviste e prime pagine di quotidiani nazionali». È stata la reazione del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo. «Vorrei che taluni imprenditori facessero davvero il bene della Sicilia. Lo Bello – avrebbe sibilato Lombardo – l’ho incontrato alcune volte nel caso di inaugurazione di impianti fotovoltaici, tipo di investimenti che si è visto essere nelle mani dei mafiosi. Perché non fanno le cose positive invece di dire certe cose?».
CRITICHE – Ed è polemica anche per un’affermazione («può andare a morire ammazzato») che Lombardo avrebbe diretto verso il numero due della Confindustria Siciliana. Il governatore ha smentito ma che ha scatenato egualmente una pioggia di reazioni. Lombardo ha precisato di aver voluto criticare uno «pseudo imprenditore secondo cui la ricetta per salvare le casse della Regione è quella di licenziare i dipendenti regionali. Nessun riferimento a Lo Bello». Ma tra i suoi «nemici» l’inquilino di Palazzo d’Orleans annovera anche l’Udc che proprio domenica scorsa aveva annunciato la presentazione in Parlamento di una mozione per chiedere il commissariamento dell’amministrazione siciliana. Pierferdinando Casini, leader dello scudocrociato rincara la dose: «Sollevando il problema della spesa in Sicilia, che è un grande nominificio, Monti ha compiuto un gesto di grande responsabilità istituzionale».
VETRIOLO – Lombardo, fondatore del Mpa, rimanda al mittente le critiche con parole al vetriolo: «l’Udc vuole rimettere le mani sulla Sicilia. Sono pronto a confrontarmi con Casini, anche sui sette anni precedenti ai miei fatti di termovalorizzatori e quant’altro». Ad alzare le barricate contro un eventuale esborso da parte dello Stato per risanare i conti in rosso della Regione c’è anche la Lega Nord. Il segretario Roberto Maroni lancia un «avviso» a Monti e Napolitano: «non pensate di far pagare ancora una volta al nord i debiti folli della Sicilia: ha già dato, ora basta!».
BILANCIO – Accuse respinte da Lombardo che contesta anche l’analisi sulle risorse finanziare della Regione snocciolando alcune cifre: «Il bilancio della Sicilia è di 27 miliardi, il debito di 5,5 miliardi, il Pil di 85 miliardi di euro. Se confrontiamo il nostro Pil con quello nazionale capiamo meglio: lo Stato ha un Pil di 1600 miliardi e duemila miliardi di euro di debito. Inoltre, lo Stato ci deve circa un miliardo». Dati che stridono con un’analisi resa nota stamane dalla Cgia di Mestre: «La Regione Sicilia ha costi per la politica e per l’acquisto di beni e di servizi, in termini pro capite, circa il doppio rispetto alla media di tutte le altre regioni d’Italia; quelli relativi agli stipendi del personale addirittura più del triplo». Ma Lombardo allarga le braccia: «Certo il numero dei dipendenti, sono circa 26 mila – è alto, ne basterebbero la metà ma ce li siamo trovati e cosa dobbiamo fare? Sparargli?». E liquida seccamente chi lo accusa di volere ancora prendere tempo, esorcizzando al contempo l’ipotesi di un commissariamento: «Per quanto mi riguarda è come se mi fossi dimesso ieri. Non voglio però che la Sicilia diventi merce di scambio, in caso di elezioni contemporanee con le politiche, per un ministero in più. Si deve votare prima».
VISTI DA FUORI – Chi non sembra proprio accorgersi di una Sicilia sull’orlo del fallimento, sono gli stranieri. Emanuele Spurny, un giovane turista austriaco in coda per visitare la Cappella Palatina all’interno di Palazzo dei Normanni, sede del più antico parlamento d’Europa, domanda: «Siete davvero ad un passo dal default? Vista da fuori la situazione non sembra così drammatica»
19 luglio 2012