Repubblica. Sono pronti a dare il via libera, anche se non tutti sono convinti della sua utilità ed efficacia. Se il governo lo proporrà, il Cts non si metterà di traverso rispetto all’obbligo del vaccino per tutti i cittadini. «Va bene qualunque cosa pur di aumentare il più possibile le somministrazioni», chiarisce uno dei membri del Comitato che però teme che applicare la misura sia complesso.
L’Italia è già oltre l’80% di copertura con le prime dosi ma quella soglia, che un tempo era considerata l’obiettivo da raggiungere, è diventata troppo bassa per garantire il controllo del virus, ora che a circolare è la super contagiosa variante Delta. Bisognerebbe arrivare almeno al 90%, visto anche che un decimo della popolazione, i bambini da 0 a 11 anni, non è vaccinabile. Con i tecnici però non bisogna parlare di immunità di gregge, neanche se si arrivasse a quel livello di diffusione del vaccino. Probabilmente non la raggiungeremo mai, dicono gli epidemiologi, visto che si ottiene quando chi non è vaccinato non si contagia perché protetto da tutti coloro che hanno concluso le somministrazioni. Troppe variabili rendono irraggiungibile l’obiettivo. Ad esempio il calo della risposta immunitaria dei vaccinati dopo alcuni mesi, contro il quale si sta preparando il piano terza dose, ma anche la possibilità di infettarsi pure se si è concluso il ciclo di copertura.
Se sono pronti ad avallare una misura che imponga la vaccinazione, dunque, alcuni degli esperti ritengono che non sarebbe facile applicarlo. «Sono favorevole all’obbligo, ma cosa facciamo, mandiamo gli infermieri a casa dei milioni di persone che non si vogliono fare l’iniezione?» domanda Sergio Abrignani, immunologo dell’università di Milano e membro del Cts. Gli fa eco un altro tecnico, che sottolinea quali grandi difficoltà ci siano nel far rispettare la legge che impone il vaccino al personale sanitario. Sono passati mesi dalla sua approvazione (il decreto poi convertito dal Parlamento è del primo aprile) e ancora le procedure per individuare e sospendere buona parte di chi non è in regola sono in corso. «Con queste premesse, cosa succederebbe con un obbligo sulla popolazione generale?». Tanto più, si fa notare, che nessun Paese occidentale lo ha introdotto. È quindi meglio essere pragmatici e insistere sul tasto Green Pass, come suggerisce sempre Abrignani: «Deve essere il più esteso possibile».
Proprio in queste ore sembra che l’allargamento delle categorie che devono avere il certificato verde, ad esempio per lavorare, sia quanto meno rinviato. «Vediamo i dati della vaccinazione e della diffusione del virus a fine settembre, saranno quelli a farci capire che piega prende la pandemia e anche a indicare la strada da percorrere», ha detto di recente Gianni Rezza, capo della Prevenzione del ministero e anche lui membro del Cts. È la stessa posizione di Roberto Speranza. «Non c’è niente di scandaloso nell’ipotizzarlo ma non va discusso in modo pregiudiziale», ha aggiunto Rezza.
Su un punto tutti i membri del Cts sono d’accordo: è la politica che deve decidere. Di certo loro non si opporranno se dovesse arrivare il quesito sulla sua introduzione, e del resto di recente sono state ben poche le richieste del governo che non hanno trovato il via libera del Comitato tecnico scientifico. La posizione è condivisa dal presidente della Federazione degli Ordini dei medici, Filippo Anelli. «Sull’obbligo vaccinale deve decidere la politica – ha detto ieri – ma teniamo presente che se un numero importante di soggetti non si vaccina e si infetta, la pressione sui servizi sanitari aumenta e questo ha già determinato un allungamento delle liste d’attesa per altre patologie». Insomma, la palla è nelle mani del governo, i tecnici seguiranno le sue scelte.