Che cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo autunno con la pandemia da Covid?
«Entro la fine di settembre dovremmo raggiungere l’obiettivo del 75-80% di popolazione vaccinata. Contemporaneamente riprenderà la vita sociale con uffici, scuole e mezzi pubblici. In teoria dovremmo attenderci un’impennata di casi Covid come è capitato lo scorso anno, ma non credo che sarà così e non penso che andremo incontro a nuove chiusure» dice Sergio Abrignani, immunologo all’Università statale di Milano e membro del Cts. «In realtà nessuno sa che cosa succederà davvero, ma qualunque cosa avvenga sappiamo che grazie ai vaccini il numero di malati gravi di Covid e decessi sarà molto basso. Gli inglesi sono più avanti di noi di un paio di mesi nel piano vaccinale e i ricoveri e i decessi causati dalla Delta tra i vaccinati sono pochissimi. Quando anche l’Italia avrà coperto l’80% della popolazione anche noi forse potremo guardare al Covid con una letalità non più all’1-2% ma all’1-2 per mille, come l’influenza».
La scorsa estate si contavano 400 contagi e meno di 5 decessi al giorno in queste giornate d’agosto, che cosa è successo?
«Non dimentichiamoci che uscivamo da un lockdown durissimo durato oltre due mesi che non è stato replicato e che circolava ancora il ceppo originale. Oggi abbiamo la variante Delta, tre volte più infettiva del ceppo originale e due volte più infettiva della variante Alfa. E in estate i contatti sociali, soprattutto tra i più giovani che oggi sono la categoria meno immunizzata fra tutte, sono molto attivi tant’è che l’età mediana dei contagiati è 27 anni. Grazie ai vaccini non stiamo vivendo un’estate catastrofica. Guardiamo al Regno Unito: a inizio estate contavano 60 mila contagi al giorno e un picco massimo di 100 decessi. All’inizio dell’anno, quando la campagna vaccinale era appena cominciata il numero di contagi era lo stesso, ma i morti sfioravano i 1.500 al giorno. Se oggi non avessimo i vaccini in Italia non conteremmo i 18 mila morti al mese che abbiamo subito tra novembre ed aprile ma probabilmente saremmo a quota 25 mila».
Qual è l’aspetto che oggi più preoccupa?
«È stato ripetuto più volte, dobbiamo cercare i 4 milioni e 200 mila italiani over 50 che a oggi non sono vaccinati neppure con una dose. Circa due milioni sono over 60, che più spesso finiscono in ospedale e in terapia intensiva. Ricordiamoci che un over 70 non vaccinato che si contagia ha un rischio di morte del 13%, tra i 60-69 anni questo rischio è al 4%, tra i 50 e i 59 anni allo 0,5%: in quest’ultimo caso vuol dire che nel complesso 1 su 200 non ce la fa».
Come si può fare?
La campagna
I vaccini non sono perfetti, ma mitigano enormemente il rischio di conseguenze severe
«Proporrei l’obbligo vaccinale perché le malattie infettive le contieni quando vaccini tutti e lo abbiamo visto con la polio, il vaiolo e altre malattie. Mi chiedo come sia possibile che con una malattia infettiva come il Covid che ha rischiato di distruggere la nostra economia e solo in Italia ha ucciso 130 mila persone ci sia ancora chi si interroga se sia opportuno o no vaccinarsi».
C’è però chi teme le conseguenze del vaccino, anche a lungo termine.
«Ormai i vaccini sono stati iniettati quasi a un miliardo di persone. Gli effetti collaterali sono studiati su vasta scala: i vaccini ad adenovirus non sono più utilizzati per la popolazione giovane dopo i rari casi di trombosi anomale mentre gli ancor più rari casi di miocardite e pericardite legati ai preparati ad mRNA si risolvono con pochi giorni di terapia cortisonica. Non sappiamo che cosa succederà tra 20 anni, ma non esiste alcun vaccino che negli ultimi 50 anni abbia dato effetti avversi dopo decenni».
Chi sono i ricoverati in terapia intensiva e i deceduti oggi?
«Nella stragrande maggioranza si tratta di persone non vaccinate, più spesso over 60. Sappiamo che i vaccini non proteggono al 100% e con la Delta circa un 30% di vaccinati può infettarsi, pur non sviluppando sintomi gravi: solo una piccolissima percentuale di vaccinati può andare a incontro a una forma grave di Covid. I vaccini non sono perfetti, ma mitigano enormemente il rischio di subire conseguenze severe».
Sarà necessaria la terza dose?
«È probabile che ci arriveremo. Un richiamo serve per prolungare la memoria a chi ha risposto bene e per aumentare la protezione a chi risponde poco al vaccino. Si dovrà iniziare con gli immunocompromessi, per poi pensare ai 19 milioni di over 60, più suscettibili alla malattia grave»