Il Corriere del Veneto. Con l’allentamento delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19 — in particolare l’obbligo di mascherina all’aperto decaduto l’11 febbraio scorso e poi la riapertura degli stadi al 75% e dei palazzetti al 60% ripristinata al 100% per entrambi dal 24 marzo, la possibilità di tornare a visitare i parenti in ospedale e, dal 10 marzo, di mangiare e bere al cinema e al teatro nei bar interni —, è ricomparsa l’influenza stagionale, sparita dalla primavera 2020. «A partire dalla prima settimana di marzo si registra un incremento delle sindromi simil-influenzali — recita il report dell’Istituto superiore di Sanità — ma cresce anche la presenza del virus propriamente influenzale, rilevato nel 32% dei campioni analizzati, a fronte di una media stagionale del 7,2%. Nella stagione 2019-2020, l’ultima in cui è stata osservata un’epidemia stagionale di sindromi simil-influenzali, nella settimana dal 20 al 27 marzo il livello di incidenza era pari a 4,05 casi per mille assistiti, inferiore a quello osservato nell’attuale stagione, pari a 4,76».
Per il Veneto i campioni sono stati inviati alla rete di sorveglianza Influnet dal laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova, diretto dal professor Andrea Crisanti, dopo averli ricevuti dai 26 medici sentinella, cioè dottori di famiglia e pediatri di libera scelta reclutati dalla Regione. Risultato: solo nell’ultima settimana si sono ammalati 15mila veneti (282.000 in Italia), per un’incidenza di 3,16 casi per mille abitanti. Nella prima metà di marzo il male di stagione colpiva soprattutto i bambini sotto i 4 anni (14,82 casi per mille assistiti, contro i 6,94 nella fascia d’età 5-14 anni, i 4,46 casi per mille abitanti nei residenti tra 15 e 64 anni e un’incidenza di 1,77 per mille negli over 65), ma dal 20 al 27 marzo ha infettato con maggiore frequenza adolescenti e adulti. «E’ vero, nelle ultime quattro settimane oltre a un rilevante aumento dei tamponi positivi al Covid-19, risaliti al 50% del totale, stiamo diagnosticando tante sindromi influenzali — conferma Maurizio Scassola, segretario regionale della Fimmg (medici di famiglia) —. Inizialmente è difficile distinguere i sintomi, simili nei due coronavirus, quindi è necessario ricorrere al tampone. Posso dire che finora non abbiamo visto quadri clinici gravi sul fronte dell’influenza, i pazienti accusano disturbi alle prime vie aeree, astenia, poco appetito. Il ritorno del male di stagione dipende da più fattori: sicuramente l’allentamento delle misure di contenimento del Covid, in particolare nell’uso della mascherina, gli sbalzi climatici improvvisi e la mancanza di pioggia che spazzi via l’inquinamento. In particolare le polveri sottili, che irritando le prime vie aeree favoriscono l’ingresso dei virus, quando non li veicolano direttamente. In più circolano virus parainfluenzali non coperti dal vaccino».
Più severo il quadro tracciato sui bambini. «Sono tornate le infezioni che eravamo abituati a vedere fino al 2019 e che poi i provvedimenti anti Sars-Cov2 avevano bloccato — spiega Franco Pisetta, segretario regionale della Fimp (pediatri) —. Mascherina, distanza sociale e continua igiene delle mani fermavano anche gli altri virus respiratori, quindi per due anni l’influenza è sparita. Ora si è ripresentata e in forme importanti nei bambini e negli adolescenti, che soffrono di febbre persistente e alta, a 39 e 40 gradi, associata a sindromi bronchiali e gastrointestinali non di lunga durata. Le riaperture e il calo dell’attenzione stanno causando epidemie negli asili e nelle scuole, anche perché una percentuale inferiore al 30% dei 600mila minori tra zero e 14 anni si è vaccinata contro l’influenza». E quindi al picco di contagi da Covid-19 rilevato nei ragazzi fino a 14 anni tra fine gennaio e inizio febbraio sta seguendo un boom di casi di influenza.