Nato per accorpare tre distinti decreti (fisco regionale, provinciale e costi standard), il provvedimento approvato in bicamerale si è arricchito di giorno in giorno di nuovi contenuti
L’ultimo ieri quando il Governo ha deciso di inserire, su pressing di Pd e governatori, la «clausola di salvaguardia» sui tagli imposti alle regioni dalla manovra estiva un anno fa.
Il punto si farà l’anno prossimo. In modo da arrivare all’anno “zero” del fisco regionale, il 2013, con idee e conti più chiari. Se le condizioni finanziarie lo permetteranno, non si terrà conto della sforbiciata da 4,5 miliardi contenuta nel Dl 78 del 2010. Altrimenti sarà un tavolo formato da esecutivo e governatori a proporre «modifiche o adeguamenti al fine di assicurare la congruità delle risorse» nonché il loro ammontare rispetto «alle funzioni svolte». Affidando alla legge di stabilità il compito di indicare come e dove intervenire per rimpinguare le casse o ridurre i compiti da svolgere.
Modifiche dell’ultim’ora a parte, l’impalcatura del Dlgs è quella concordata gomito a gomito col Pd la settimana scorsa. Le Regioni avranno in dote un’addizionale Irpef formata da una parte fissa e una variabile: la prima sarà fissata all’inizio allo 0,9% ma è probabile che dal 2013 salga almeno di un altro punto visto che dovrà compensare l’addio alla compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina che, dice la relazione tecnica del Governo, vale 1,7 miliardi; la parte variabile sarà dello 0,5% nel 2013 (su tutte le fasce di reddito) per salire all’1,1% nel 2014 e al 2,1% nel 2015 (escluso chi guadagna meno di 15mila euro).
In aggiunta i governatori avranno anche una compartecipazione all’Iva territoriale (all’inizio del 44,7% ma rivista a partire dal 2013) e i 30 miliardi dell’intera Irap. Che, a partire dalla stessa data, potrà anche essere ridotta fino a zero ma non da chi ha aumentato l’addizionale Irpef oltre l’1,4 per cento. Il menu delle risorse che dal 2013 sostituiranno i trasferimenti statali sarà completato da sei tributi minori che erano erariali e saranno regionali, dagli introiti della lotta all’evasione e dalle quote del fondo perequativo. Perequazione che permetterà il finanziamento al 100% dei livelli essenziali delle prestazioni nelle funzioni fondamentali (sanità, scuola, assistenza e trasporto locale) calcolati a costi standard. Nelle altre materie si punterà a ridurre del 75% le differenze tra territori ricchi e poveri.
Per la sanità, infine, il copione della vigilia è stato rispettato alla lettera. Regioni benchmark saranno le 3 scelte politicamente in una rosa delle 5 migliori (nessuna sotto piano di rientro): una del Nord, una del Centro, una del Sud, con almeno una realtà «di piccola dimensione geografica». Anno di partenza sarà il 2013 e i conti si faranno sulla base dei bilanci del 2011.
Nessuna concessione al Sud sul reclamato «indice di deprivazione» per il riparto delle risorse – che continuerà ad avvenire in base alla «popolazione pesata» per età – anzi il riconoscimento che la regione migliore non potrà avere meno finanziamenti di quelli del 2012. Per la sanità ci saranno però «interventi strutturali» per colmare i gap infrastrutturali che hanno effetti sui costi delle prestazioni: riguarderanno il Sud e le aree montane o le piccole isole. Le «carenze strutturali» saranno misurate sulla base di «specifici indicatori socio-economici ambientali» di disagio, tutti da definire. E in ogni caso si terrà conto dei fondi per gli interventi straordinari per l’edilizia sanitaria, in vigore dal 1988, che proprio al Sud sono stati dilapidati o poco e male impiegati.
Non mancano infine per la sanità le «osservazioni» accolte dal Governo. Come i premi per chi pagherà al meglio beni e servizi con le centrali d’acquisto e le sanzioni per chi non lo farà. Beni e servizi per cui si punta a dettagliati «prezzi di riferimento». Mentre per la farmaceutica si chiede che il Ssn eroghi gratis solo quelli prescritti dai medici «secondo la quantità» e le «dosi». Un film che forse vedremo con le prossime manovre.
Ilsole24ore.com – 25 marzo 2011