Francesco Spini. Gli anni della grande crisi hanno portato l’austerity dentro le case, le abitudini sono cambiate in profondità. Ora la metà delle famiglie italiane, certifica l’Istat, si fa bastare 1500 euro per arrivare alla fine del mese. Prima che intervenisse la tempesta economica, nel 2008 la percentuale arrivava – anziché al 50% – al 46,6%.
L’Eurostat, invece, segnala un aumento dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni che vivono a casa con mamma e papà: sono il 65,8%, oltre sette milioni di persone che vivono ancora nella famiglia d’origine, ben più che in Europa. Ma con la disoccupazione al galoppo vista negli ultimi anni sarebbe quantomeno ingeneroso tornare al vecchio appellativo di «bamboccioni»: la famiglia è l’ultima frontiera del welfare.
L’arte di tirare la cinghia
La famiglia, del resto, ha dovuto sviluppare negli ultimi anni la difficile arte di tirare la cinghia. Il dato (la rilevazione si riferisce al 2013) di chi si dice capace di arrivare a fine mese con 1500 euro al mese – la metà delle famiglie italiane – non è altro che l’altra faccia della contrazione dei consumi. Quella rilevata dall’Istituto nazionale di statistica è una «media» tra famiglie che vivono in condizioni molto differenti tra loro.
Nel Mezzogiorno, per dire, il dato di chi pone i 1.500 euro come soglia minima per campare arriva al 55,3%, contro il 44,9% del Nord Ovest. Il fabbisogno familiare cambia anche a seconda che il «capofamiglia» sia un disoccupato (in tal caso il 61,4% riesce a cavarsela con 1.500 euro) o un lavoratore dipendente: fattispecie dove solo il 37,7% delle famiglie dice che bastano 1500 euro. Cambia poi la situazione a seconda si consideri una famiglia con almeno un figlio piccolo (si scende al 27,3%), oppure il nucleo consideri un single con più di 65 anni: allora per l’84,5% 1500 bastano e talvolta avanzano. In alcuni casi – il 22,3% delle famiglie – bastano mille euro…
La carica degli under 35
Accanto a famiglie che riducono, giocoforza, i propri budget, ci sono famiglie che rinunciano perfino a formarsi. Sono poco meno di 7,4 milioni i giovani tra i 18 e i 34 anni che scelgono di continuare a vivere nella cameretta di sempre. I due terzi del totale che, secondo i calcoli di Eurostat (sempre nel 2013), non trova eguali in Europa. In Francia risulta rimasto presso la famiglia d’origine appena il 34,2% dei giovani adulti, il 42,3% in Germania, il 34,2% in Inghilterra, per non parlare del 15,8% dei danesi.
Il fardello della crisi
Quanto poi abbia pesato la crisi è presto calcolato: rispetto al 2008 (quando era al 60,5%) la percentuale di chi resta con mamma e papà è salita di oltre 5 punti, contro i due punti d’aumento visti in Francia e la diminuzione registrata in Germania. Nel nostro Paese, poi, crescono i giovani più maturi (con più di 25 anni e meno di 34 anni) che decidono di non lasciare mamma e papà: sono 49,4% del totale (in Ue il 28,8%, in Danimarca l’1,4%), in aumento di cinque punti sul 2008, nonostante il 60% di loro abbia un’occupazione. In casa ci restano soprattutto i maschi: è una scelta che coinvolge il 57,5% di loro. Le ragazze che restano con i genitori sono il 41,1% del totale, ma nel 2008 erano molto meno, ovvero il 36,4%.
Ricchezza bruciata
Secondo un’elaborazione dell’agenzia Adnkronos su dati di Banca d’Italia, in 6 anni, dal 2007 al 2013, le ricchezza delle famiglie italiane si è ridotta del 12%, mentre considerando gli ultimi 10 anni il calo è del 5,8%. Nel 2003 la ricchezza netta per famiglia era di 377.302 euro, per toccare i massimi nel 2006 (412.469 euro) e planare, nel 2013 a 355.876 euro. Il valore del bene «simbolo», la casa, dal 2010 ha subito un calo dell’11,7%, abbattendo l’apprezzamento che c’era stato in precedenza.
La Stampa – 9 febbraio 2015