La passione scientifica dei ricercatori e la paura dei malati. Alla base della manifestazione di ieri pomeriggio, promossa da Pro-test Italia davanti al Parlamento, c’è la difesa della sperimentazione animale per combattere malattie gravi come il cancro, l’Alzheimer, la distrofia muscolare.
Giovani ricercatori – con al polso l’etichetta adesiva per spedire i bagagli in aeroporto, a testimoniare il rischio di dover partire da un momento all’altro per poter continuare gli esami in laboratorio – e professori ultra titolati hanno protestato, accanto a chi soffre inchiodato su una carrozzina, per l’abolizione degli emendamenti Brambilla alla direttiva europea che rischiano di danneggiare la ricerca. Tanti, una ventina, gli istituti di ricerca rappresentati, dal San Raffaele di Milano e l’Istituto Ifom, alla Fondazione Telethon (una delegazione guidata dal presidente Luca Cordero di Montezemolo è stata ricevuta anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), l’Istituto Mario Negri e l’Associazione Luca Coscioni.
Il grido d’allarme è uno solo e lo riassume Daria Giovannoni, presidente Protest: «Con norme più restrittive sulla sperimentazione animale, la ricerca italiana si fermerà o non partirà proprio. Occorre rivedere gli emendamenti emersi durante il dibattito alla Camera, perché rischiano di mettere a repentaglio un diritto garantito dalla Costituzione». E ancora: «Se passassero gli emendamenti ci sarà un danno per tutto il sistema medico-scientifico e anche per gli animali. Saremmo costretti a fare più iniezioni per anestetizzarli anche per un solo prelievo di sangue, ad esempio, e dovremmo importare le cavie (cani, gatti e primati) dall’estero con costi maggiorati. E sappiamo che molte ricerche hanno pochi fondi».
Tra i manifestanti in camice bianco spiccano tanti palloncini con l’immagine di due topini accanto a un microscopio. «Anche noi pensiamo al bene degli animali – sottolinea Luca Perico, 30 anni, ricercatore all’Istituto Mario Negri – ma, a parte il fatto che sono tenuti in condizioni standard per evitare che soffrano, credo sia più giusto amare le persone».
LA DENUNCIA
Al polso l’etichetta di un biglietto aereo: «Pronti a emigrare»
La Stampa – 20 settembre 2013