Da Oggi Treviso. E’ stata per tre legislature (dal 1990 al 2005) consigliere regionale. Per un periodo anche Assessore veneto alle Politiche sociali. Per altri dieci anni, fino alle ultime elezioni del 2018, deputato a Montecitorio. Anna Margherita Miotto, padovana, è una che di sanità se ne intende. E molto. Con un occhio da tecnico e l’altro da politico monitora quotidianamente l’evoluzione della pandemia che in questa seconda ondata ha portato il Veneto a sottrarre alla Lombardia il triste primato del numero di contagi. E – ancor peggio – dei decessi. L’abbiamo intervistata in questa vigilia di timori e speranze.
Triste anche perché nel Veneto le ragioni economiche vengono prima della vita delle persone. Ma economia e salute non sono parificabili.
La attività economiche e produttive sono anch’esse in sofferenza però…
E’ innegabile; ma prima si esce dalla pandemia e prima risolveremo anche i problemi dell’economia.
Immaginiamo per un attimo che fosse capitato ai tempi in cui era lei assessore alla Sanità in Veneto: a questo livello – ormai oltre la guardia – dei contagi, quale decisione avrebbe preso oggi come oggi?
Zona rossa, per tutti e dappertutto. E’ quella che chiedono tutti gli operatori sanitari, medici e infermieri; gli ospedali sono sotto stress, non ce la fanno. Per non parlare delle terapie intensive…
Parliamone invece. Non è chiara a tutti la gestione delle terapie intensive in Veneto
Il Governo, con un decreto, ne ha raddoppiato il numero. La Regione Veneto ha programmato però non sulla base del parametro del 14 per mille, decidendo piuttosto di largheggiare.
Fino a quanti posti?
1016. Ma terapia intensiva non significa solo allestire un posto letto con le necessarie apparecchiature. Comporta personale con preparazione altamente qualificata; le scuole di specialità – detto per inciso – di posti ne istituiscono ben pochi.
Quindi i posti in terapia sono stati raddoppiati ma…
… Con la metà del personale necessario
Possiamo rifare un attimo i conti per definire una buona volta il quadro allo stato?
Basta consultare i dati pubblicati sul sito di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. 6000 posti letto in area non critica (reparti di Medicina, Malattie infettive, Pneumologia). 1000 sono quelli di Terapia intensiva.
Non sono pochi
Ecco l’errore veicolato dai messaggi che quotidianamente Zaia sbandiera nelle sue conferenze stampa.
Ovverosia?
Dice in sostanza: possiamo contare su 1000 posti; attualmente 380 sono occupati e per altre patologie abbiamo un fabbisogno di circa duecento posti. I letti occupati quindi sono all’incirca le metà di quelli disponibili.
Come dire: “Tutto bene, madama la marchesa”
Chi riceve queste comunicazioni cosa può ricavarne? Che siamo “coperti” e che in caso di necessità abbiamo ancora metà posti letto liberi.
Ma non è così, giusto?
Ci sono i letti, ma che ce ne facciamo se non ci sono i medici e infermieri a curare i pazienti?
Perché allora si invia, un giorno sì e l’altro pure, questo tipo di messaggio?
Per rassicurare i veneti ma anche per accreditare la solidità di un sistema che determina il parametro Rt e quindi l’attribuzione cromatica.
La seconda ondata lo sta però facendo naufragare questo sistema
Zaia ha compiuto un madornale errore di valutazione: si è illuso che la seconda fosse come la prima, quando il virus è giunto qui da noi quindici giorni dopo rispetto alla Lombardia. Nel frattempo il Governo nazionale ha imposto il lockdown che ha evitato il peggio.
Un Governatore che effettivamente dà l’impressione di non sapere quali pesci pigliare anche durante il rito quotidiano delle conferenze stampa
Sperava di poter puntare ancora sulle sue capacità di persuasione, convinto che il 77 per cento dei consensi raccolti alle ultime elezioni rappresentasse il sostrato di un rapporto fiduciario assoluto. E’ accaduto invece esattamente il contrario. Nessun effetto. Neanche sul piano delle Ordinanze ne ha sortito.
Non sono servite?
Basta osservare le curve dei contagi e metterle a confronto con le date di emanazione delle Ordinanze del Governatore. I cui contenuti altro non fanno che dettagliare quanto già scritto nei Dpcm del Governo, tanto per dire che la Regione ha imposto misure restrittive.
Cosa che avrebbe dovuto e anche potuto fare?
Nessuno vietava a Zaia (anzi, vedi Bonaccini in Emilia Romagna) di inasprire le disposizioni del Governo e imporre le zone rosse dove fosse servito.
Invece niente?
Ovvio, perché era più funzionale ancorarsi alla zona gialla. Con tutte le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. E purtroppo sulla pelle di molti veneti.
Lei è stata anche, per due legislature, parlamentare alla Camera dei Deputati: avrà saputo delle minacce di querela ad alcuni colleghi di testate giornalistiche venete, tra cui la nostra, “OggiTreviso”, che altro non hanno fatto che svolgere il proprio lavoro, esercitando il diritto di cronaca. Che cosa risponde?
Innanzitutto la mia solidarietà a tutti voi giornalisti e a “OggiTreviso”. A essere sincera l’atteggiamento di Zaia non mi stupisce: puntualmente fa l’offeso quando viene pubblicato un articolo che evidenzia alcune criticità. Anzi: la prima cosa che fa è di telefonare al giornalista e pretendere i nomi e i cognomi di chi lo critica. Come se ci fosse da aprire una inchiesta non sul caso che viene portato alla luce ma su chi l’ha sollevato. Un comportamento gravissimo. In questa fase soprattutto, nella quale il criterio fondamentale deve essere quello della trasparenza assoluta. E’ chiaro ed evidente che la questione ha a che fare con la democrazia.