Il Sole 24 Ore. Mettere in sicurezza una volta per tutte il Servizio sanitario nazionale dopo lo tsunami del Covid. Questa la promessa del post pandemia quando avremo i fondi europei del Recovery fund da investire anche nella Sanità. Solo che di quella maxi potenziale torta di risorse che comincerà ad arrivare, se tutto filerà liscio, il prossimo anno – 209 miliardi (127,4 miliardi di prestiti e 81,4 a fondo perduto) – alla Sanità alla fine potrebbe arrivare una fetta troppo piccola per riuscire davvero a cambiare volto al nostro Ssn ferito quasi mortalmente dal Covid.
Se a settembre si ragionava addirittura di un piano per la “Sanità del futuro” da oltre 60miliardi in cinque anni, ora la dote che si avrebbe a disposizione sarebbe molto più ridotta e cioè intorno ai 15-20 miliardi. Su queste cifre i tecnici del ministero della Salute da settimane stanno aggiornando le schede con i vari progetti – si sarebbero superate ormai la trenta versioni – anche alla luce della dote disponibile. Il piano Sanità di cui si parlerà anche all’Health care summit del Sole 24 ore del prossimo 4 dicembre si basa su due pilastri: innanzitutto il potenziamento delle cure domiciliari, la vera dolorosa spina nel fianco dell’emergenza Covid, che prevede tra le altre cose il potenziamento delle cure a casa del paziente e la creazione di Case di comunità ogni 10-15mila abitanti (strutture intermedie per liberare gli ospedali). Interventi questi che da soli valgono circa 10 miliardi. A questo si aggiunge tra le altre cose anche un maxi piano di ammodernamento degli ospedali da 34 miliardi, dove però parte delle risorse potrebbero arrivare da fondi strutturali.
Le risorse per questi interventi e per gli altri messi in cantiere potrebbero dunque non bastare. Da qui il rimpianto anche dentro la maggioranza per la quasi scontata rinuncia, a meno di ulteriori sorprese, al Mes sanitario su cui i Cinque Stelle hanno eretto un muro invalicabile: questo fondo straordinario che ha messo in pista sempre l’Europa per l’emergenza Covid per l’Italia si può tradurre in 36-37 miliardi di prestiti a tassi quasi zero. Ma i M5S sono irremovibili. Solo che la rinuncia al Mes concentra tutta l’attenzione sulle risorse del Recovery fund dove c’è un forte pressing da parte di tutti i ministeri per conquistare la loro “fetta” di risorse. Senza contare i vincoli di spesa, in particolare quelli sul green, posti da Bruxelles.
È stato lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza proprio nei giorni scorsi a riaccendere il dibattito intorno al Mes che sembrava ormai sopito: «È uno strumento a cui bisogna guardare con assoluta serenità», ha detto il ministro. Il premier Giuseppe Conte per ora non fa retromarce: «Comprendo che il ministro della Salute possa auspicare nuove risorse, il problema non è nello strumento ma nelle risorse. Già nella legge di bilancio ci sono cospicue risorse, nel Recovery Plan – ha aggiunto il premier – ci saranno cospicue risorse per il sistema sanitario. C’è un piano di rafforzamento della sanità, faremo in modo che le risorse siano adeguate». In effetti la manovra stanzia oltre 4 miliardi in più per la Sanità, ma a parte 1 miliardo di aumento per il Fondo sanitario il resto serve per finanziare le misure di emergenza: dalla proroga delle 36mila assunzioni temporanee per il Covid di medici e infermieri agli incentivi per il personale (sono state potenziate le indennità di escluisva) fino a un fondo da 400 milioni per i vaccini. La partita dunque è tutta sui fondi Ue e si giocherà nelle prossime settimane.