Sussiste la potenziale responsabilità della Pubblica Amminstrazione per condotte dei propri dipendenti che, sfruttando l’adempimento di funzioni pubbliche ad essi espressamente attribuite, ed in esclusiva ragione di un tale adempimento che quindi costituisce l’occasione necessaria e strutturale del contatto, tengano condotte, anche di rilevanza penale e pur volte a perseguire finalità esclusivamente personali, che cagionano danni a terzi, ogniqualvolta le condotte che cagionano danno risultino non imprevedibile ed eterogeneo sviluppo di un non corretto esercizio di tali funzioni.
È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 31 marzo 2015 n. 13799.
Per la Corte nessuna ragione di ordine costituzionale esclude la responsabilità della Pubblica Amministrazione (cui compete la selezione ed organizzazione delle persone che in concreto svolgono le sue proprie funzioni) per i danni che il non corretto, ma tuttavia non assolutamente imprevedibile ed eterogeneo, esercizio delle funzioni cagioni a terzi coinvolti nell’esercizio della funzione.
Addirittura secondo la Suprema Corte l’introduzione effettuata con l’art. 28 della Costituzione della responsabilità della Pubblica Amministrazione per fatto dei propri dipendenti è nel senso dell’affermazione espressa di un principio positivo.
In concreto l’applicazione del soprariportato principio comporta che il cosiddetto rapporto di immedesimazione organica non può costituire un limite a qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione per fatti compiuti approfittando dello svolgimento della funzione pubblica.
Conclude, quindi, la Suprema Corte rilevando che non vi è alcuna ragione per non affermare potenzialmente sussistente, nei limiti sopra indicati, la responsabilità indiretta ex art. 2049 del codice civile.
La vicenda concreta sulla base della quale la Corte ha pronunciato il suindicato principio di diritto riguarda una dipendente dell’Ufficio Notifiche (UNEP) condannata per peculato e di truffa aggravata e falso.
I Giudici d’Appello aveva rigettato la domanda risarcitoria nei confronti del datore di lavoro Ministero della Giustizia.
La Corte di Cassazione, per i motivi sopra esposti, ha annullato la sentenza con rinvio al giudice civile il quale dovrà, alla luce dei principi sopra esposti e dalle risultanze istruttorie, valutare la sussistenza o meno nel caso concreto delle condizioni per affermare la sussistenza della responsabilità della Pubblica Amministrazione, individuare l’eventuale danno della parte civile, ed in caso di esito positivo, quantificarlo.
Enrico Michetti – Quotidiano della Pa – 7 aprile 2015