Con il decreto legge sulla semplificazione amministrativa e sullo sviluppo la manovra del Governo Monti ha aperto un terzo fronte, ambizioso come i precedenti.
Dopo il decreto Salva Italia, di fine 2011, e il più recente decreto sulle liberalizzazioni, ora il Governo si è mosso, con una raffica di norme puntuali, per allentare la morsa burocratica che attanaglia cittadini e imprese. I tre fronti si iscrivono in una strategia unitaria di rilancio del Paese. La semplificazione, in particolare, può contribuire a promuovere le iniziative dei cittadini e delle imprese rimuovendo i mille vincoli che rallentano le decisioni delle amministrazioni e che costituiscono un costo aggiuntivo peri privati. La miriade di adempimenti, le lungaggini e le opacità burocratiche sono un fattore che rende poco attraente il nosto Paese agli investitori stranieri. Sappiamo che dipanare la matassa di leggi e regolamenti che disciplinano le procedure amministrative è un’operazione complessa e non sempre risolutiva. Ci hanno provato molti ministri della Funzione pubblica, dagli anni Novanta a oggi. Basti ricordare le leggi Bassanini del 1997-1999 che contenevano deleghe molto ampie a potare e sfoltire autorizzazioni, licenze e altri atti di assenso sulla base di una serie di criteri, non a caso ripresi anche dal decreto legge varato ieri. Deleghe utilizzate solo in parte (con qualche risultato positivo), ma poi scadute. Le resistenze ad alleggerire gli adempimenti sono di più tipi: abitudini consolidate; perdita di potere da parte degli uffici conseguente alla soppressione di autorizzazioni e visti; poca disponibilità alla collaborazione tra le varie amministrazioni; ritardi nell’informatizzazione.
Se il filo conduttore della settantina di articoli che compongono il decreto legge varato venerdì scorso è il motto “semplificare per crescere”, quali sono i contenuti più qualificanti e quale sarà l’impatto immediato? Il metodo scelto è quello dell’intervento “chirurgico”. Si va cioè a colpire una a una tante micro sacche di inefficienza sotto forma di adempimenti inutili odi costi imposti ai privati. Così, si sopprimono alcune licenze come quelle per le agenzie d’affari o del sensale, sostituite con una semplice comunicazione; si esenta da controlli preventivi la vendita di prodotti agricoli in forma itinerante; si accorpano le autorizzazioni ambientali in una “autorizzazione unica”. Si aggredisce, poi, ancora una volta, il problema dei ritardi nella conclusione dei procedimenti. Rivelatisi inefficaci rimedi come indennizzi o risarcimenti in caso di ritardo o ricorsi al giudice amministrativo, il decreto prevede una nuova figura da istituire all’interno di ciascuna amministrazione. Dovrà essere individuato cioè un organo per esercitare il potere sostitutivo nei confronti di chi è colpevole del ritardo. Innovativo, ma macchino- so, è il bilancio complessivo degli oneri amministrativi, cioè una relazione predisposta dai signoli ministeri che mette a confronto adempimenti introdotti o eliminati nell’anno precedente. Le relazioni confluiscono in una relazione complessiva della presidenza del Consiglio dei ministri con l’impegno del governo di emanare regolamenti di delegificazione in caso di bilancio negativo. Le norme volte a imporre la comunicazione tra amministrazioni solo in via telematica tentano ancora una volta di sconfiggere la cultura della cartaedel faldone. Viene anche avviata una semplificazione procedimentale e dei controlli sulle attività economiche. Un limite, forse inevitabile, del decreto legge è chela sua attuazione è rinviata a molti atti da emanare entro termini brevi, ma che metteranno in affanno molte amministrazioni. Oltretutto il decreto legge prevede sempre la clausola «senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica». In definitiva, è bene che sia stato aperto il fronte della semplificazione burocratica Ma si tratta del fronte forse più insidioso perché si sviluppa all’interno di una giungla quasi inestricabile e rischia di scontrarsi contro muri di gomma.
Il Sole 24 Ore – 30 gennaio 2012