Lo scorso 11 marzo l’europdeputato Nicola Caputo ha presentato alla Commissione un’interrogazione con richiesta di risposta scritta relativa all’indicazione in etichetta della sede dello stabilimento di produzione.
Il regolamento (UE) n. 1169/2011, in vigore dal dicembre 2014, ricorda Caputo, non stabilisce, nel contesto europeo, un’obbligatorietà dell’indicazione della sede dello stabilimento di produzione sull’etichetta dei prodotti alimentari. Tale circostanza rappresenta un’altra “occasione persa” nella difesa dei segni distintivi del vero “made in” sui prodotti alimentari, con evidenti ricadute negative sul ruolo della trasformazione e della produzione alimentare europea (ed in particolare italiana) fuori dai confini nazionali, ponendo seri interrogativi sulla tracciabilità fin dal momento della produzione.
Neppure una reintroduzione di tale obbligo entro i confini meramente nazionali può essere risolutiva, frammentando ulteriormente il mercato interno. D’altro canto, i prodotti di origine animale (carni e prodotti a base di carne) riportano da sempre l’indicazione della sede dello stabilimento di produzione in etichetta, in ottemperanza alle regole UE in materia di igiene alimentare. Di conseguenza, è auspicabile l’applicazione di tale obbligo a tutti gli Stati membri, al fine di dare completa informazione al consumatore e promuovere la produzione italiana. Ciò premesso, chiede in che modo la Commissione intende inserire una misura ed armonizzare la disciplina, per difendere i segni distintivi del vero «made in» sui prodotti alimentari.
Nella sua risposta fornita il 6 maggio a nome della Commissione Vytenis Andriukaitis specifica che la direttiva 2000/13/CE, è stata abrogata e sostituita dal regolamento (UE) n. 1169/2011 a decorrere dal 13 dicembre 2014; questa direttiva consentiva agli Stati membri di mantenere le disposizioni nazionali che impongono di apporre sull’etichetta dei prodotti alimentari l’indicazione dello stabilimento di fabbricazione o di condizionamento per la loro produzione nazionale.
Nel corso dei negoziati che hanno portato all’adozione del regolamento (UE) n. 1169/2011 uno Stato membro ha proposto l’introduzione di una disposizione affine a livello unionale. Anche se sostenuto dalla Commissione, questo suggerimento non è stato accolto dagli altri Stati membri. I colegislatori hanno deciso infine di rendere obbligatori, sulla confezione o su un’etichetta ad essa attaccata, soltanto il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se l’operatore non ha sede nell’Unione, il nome e la ragione sociale dell’importatore sul mercato unionale.
Il regolamento (UE) n. 1169/2011 ha chiarito inoltre che il nome, la ragione commerciale o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare riportati sull’etichetta non costituiscono un’indicazione di origine ai sensi del regolamento. Il regolamento enuncia inoltre disposizioni specifiche in relazione all’origine degli alimenti, ma non conferisce alla Commissione il potere di procedere alla predisposizione di una misura di armonizzazione come richiesto dall’Onorevole deputato.
7 maggio 2015